Ma allora cos’è il male? Il non saper perdonare”.
Ogni volta che chiudo un libro, mi chiedo cosa mi abbia lasciato, cosa in quelle pagine sia necessario portarmi nel quotidiano, soprattutto quando il libro in questione mi genera emozioni palpabili.
Cuore nero, di Silvia Avallone per Rizzoli, tocca tematiche di ordine sociale, con una caratura umana consistente, tanto da farti sentire piccolissima davanti ai personaggi che nel tempo trascorso insieme, non saranno più personaggi, ma persone.
Emilia, “Magica Emi”, così fragile, così impaurita, così bisognosa d’amore, ci porta nel carcere minorile dove ha trascorso quindici anni della sua esistenza, per un crimine che le lascerà non solo voragini emotive ma la farà sentire per lungo tempo senza fissa dimora, come se la pena scontata non fosse abbastanza.
Bruno, orso buono, umano montagna, colui che accoglie quella vulnerabilità, se ne fa carico, pronto a sostenerla, nonostante la fatica, nonostante il suo stesso passato fatto di violente perdite e assordanti mancanze.
Allora serve perdonarsi, perdonare, donare quindi all’altro l’assoluzione attraverso il più grande sentimento: l’amore.
È un libro che parla di amore, che ti scorre sulla pelle, che ti schiaccia, ti accudisce, ti soffoca, ti cura.
L’amore cura, l’amore è cura.
Riccardo, Marta, Valeria, Basilio, Rita, Martino, loro sono la cura, sono corde vibranti di questa vita, che risuonano nel corpo di chi è ferito, con premura e impegno.
Sassaia a fare da sfondo, questo borgo sommerso di neve, con pochissime anime, una prova di redenzione.
Voi sapete cosa accade nelle carceri? Sapete cosa si prova a scontare una pena ma sentirsi di non aver pagato mai abbastanza? Sapete cos’è il recupero? E poi il recupero c’è davvero? In queste pagine potrete trovare le risposte.