“Mi riprendo me stesso. Che non è niente, ma neanche poco.”
Abbiamo lasciato Zannoni con “I miei stupidi intenti”, vincitore del premio Campiello 2022, libro che ho molto amato, dove il protagonista era una faina che ci narrava tutte le umane brutture.
In 25, edito da Sellerio, il protagonista è Gero e ci narra i punti di rottura che abitano gli esseri umani e quello che accade prima, durante e dopo.
Gero ha bisogno di speranza, ha un bisogno disperato di amore, di un’affettività che ha perso perché i genitori lo hanno abbandonato e nonostante sia cresciuto con sua zia, malata, accudente e un po’ invadente, Gero osserva con una lente d’ingrandimento tutto quello che avviene dentro e fuori di lui.
C’è un momento preciso nella vita di ognuno di noi, in cui le cose sembrano andare tutte in verso, che sia giusto o sbagliato poco importa, quello che conta è ciò che percepiamo e come pensiamo di assorbirlo e l’unica certezza è che abbiamo bisogno di quel punto di rottura che faccia crollare tutte le nostre certezze per rendere ogni respiro reale, autentico e ripartire da zero.
Zannoni in questo romanzo riesce a confermare la sua abilità nel raccontare l’umanità, i sentimenti e le emozioni, lo fa in modo caparbio, senza scendere in labirinti perniciosi, bensì in lande buie e sconosciute che si riveleranno essere la panacea per chi quel punto di rottura non riesce a disegnarlo.