“A volte perché sento troppe cose tutte insieme e ho bisogno di non sentirne nessuna, mi aiuta a farle andare via. E a volte perché sono felice e devo ricordare a me stesso che non me lo merito.”
Non si esce indenni da “Una vita come tante” di Yanagihara per Sellerio, se ti fai permeare, assorbire, catturare da quanto ti viene raccontato.
Ho trascorso ore non facili, ma tutto sommato felici, perché sono state ore intrise di amore, di sentimenti confortanti, di mani pronte a sostenere e in compagnia di umani speciali.
Una caratura intima di grande spessore, il dolore non è a latere, bensì è il motore di questo libro, difficile da digerire perché sai fin dalle prime pagine che non ti lascerà più, che non potrai scrollartelo di dosso, ma dovrai imparare a guardarlo come una iena feroce, impietosa, ma dannatamente struggente.
Queste persone esistono, non sono solo personaggi, sono intorno a noi, li vediamo condurre vite più o meno regolari, anche di gran successo, ma poi in quel cubo della vita intima ecco svolgersi l’atto del reale.
Sono iene indomite quei dolori, ti squarciano l’anima, la riducono brandelli, ti rendono folle e finisci per soccombere a quella follia.
Quando sei ferito nella parte più profonda, quando ti lacerano fino a farti sentire invisibile, tutto ciò che desideri è rimanere invisibile, fino a quando non trovi braccia protese che provano a colorare i contorni della tua esistenza, a ridarti una collocazione emotiva, a ristabilire una connessione col mondo, ma tu continui ad esistere anziché vivere.
Un coro di uomini, alcuni spregevoli, che ti faranno desistere dalla lettura perché pieni sentimenti melmosi e osceni, altri dotati di splendore.
Navighiamo tra anime di cristallo, fragilità psicologiche e sentimenti positivi.
Dobbiamo solo abbandonarci al dolore, non averne paura, anche se ciò che leggeremo ci farà tanto male, dobbiamo solo respirare e accarezzare quelle ferite affinché le iene possano docilmente tornare in gabbia.
Lasciare andare questo libro non sarà facile, sarà un luogo dove vorrò spesso tornare per trovare qualcosa di me in ognuno di loro, per sentirmi a casa e abbracciare finalmente le mie iene.