[sg_popup id=”106217″ event=”inherit”][/sg_popup]Leggiamo di una offerta di Marinedi per rilevare le quote del Comune in seno alla società “Capo d’Anzio”. Se fosse davvero di 5 milioni di euro riusciremmo sì e no a pagare i debiti della società. Però se l’ingegnere Renato Marconi – patron della Marinedi – vuole pagare davvero per il porto di Anzio, faccia pure. Ma per andarsene. Che le sue intenzioni fossero tali, in questo umile spazio lo si racconta da tempo.
Che la politica di casa nostra abbia contribuito affinché si creassero le condizioni di questo sfascio, pure. Basta avere la bontà di leggere anche se averlo detto in tempi non sospetti conta poco in questo momento. Se davvero esiste un’offerta, l’unico modo che esiste per accettarla è che Marinedi paghi il Comune per andare via, la chiudiamo qui e amici come prima. Perché 5 milioni di euro sono un’elemosina per rilevare il porto, anzitutto, e di essere presi in giro su questo argomento siamo francamente stufi. Poi ci sono un’altra serie di motivi. Il primo è che, dopo aver aperto un contenzioso con “Italia Navigando” che (sbaglieremo) ci ritroveremo pari pari dalle nostre parti, si è ritrovato 10 porti. Un’operazione che solo di spese notarili ha avuto costi record e che ha avuto un via libera “bipartisan“, sulla quale l’allora senatore Candido De Angelis fece una puntuale interrogazione parlamentare che ottenne come risposta, sintetizziamo al massimo, “è così e basta”. Di fatto Marconi, senza un euro o quasi, si è ritrovato 10 porti e fra questi guarda caso proprio Anzio. Che conosceva non bene, benissimo. Per essere stato tra i progettisti del vicino “Marina di Nettuno” anni addietro e per aver firmato, proprio con Candido De Angelis i “patti parasociali” tra Comune e Italia Navigando. Quando in consiglio comunale si decise che le azioni di “tipo b” non sarebbero più state dei cittadini. Tanto la “rete” dei porti sarebbe stata pubblica, si parlava di fondi stanziati in finanziaria, c’era la “garanzia” di Gianfranco Fini. Quando Marconi firmava, Italia Navigando non era già più completamente pubblica, perché l’ingegnere che vantava un credito nei confronti della società si era fatto dare una parte di quote. Quando venne scoperto, con la copertina sul Granchio “Italia naufrgando”, il Comune non fece nulla Ora, ad Anzio, sembra le voglia tutte quelle quote…
I “patti parasociali” prevedevano, fra l’altro, che “Italia navigando” trovasse i finanziamenti per realizzare il porto entro un anno dalla concessione. Quell’anno è scaduto a settembre 2012, Marinedi rilevando – senza che nessuno avvisasse il Comune come invece era previsto – quelle quote, si è assunto gli oneri di “Italia navigando” e Marconi come prima cosa ha “disconosciuto” i patti parasociali. Sostenendo – così ci raccontava l’ex sindaco Luciano Bruschini – di aver firmato altro ancora con De Angelis, dopo quei patti, e di averli “superati”. Basterebbe e avanzerebbe questo, il recitare più parti in commedia da parte dell’ingegnere, per dire “grazie, ci dia i soldi e vada”. Ma c’è stato altro, dal 2012 a oggi, con precise responsabilità politiche di chi ha guidato la città e – di conseguenza – di chi ci si è alleato..Marconi si è inventato “Marina di Capo d’Anzio” senza che il Comune trovasse qualcosa da dire, ha mandato il suo avvocato – sicuramente mettendo in conto chissà quanto – a fare i contratti “porta a porta”. In Comune, nel frattempo, si votavano ordini del giorno all’unanimità sul porto pubblico, puntualmente disattesi, si teneva nei cassetti il parere di Cancrini senza fare causa, si diceva – rispondendo proprio a De Angelis – “Parola d’onore, caccio Marconi” ma poi ci si firmava la “road map”. Pensando, fino a qualche settimana fa, che tanto con l’ingegnere era tutto a posto. Alla “Capo d’Anzio” cambiavano i presidenti e si affrettavano ad annunciare bandi impossibili, mentre la parte privata immaginava un fondo maltese, preparava i documenti, i business plan, i progetti e teneva i bilanci, creando – come è stato per “Italia navigando” – i presupposti per avere un credito nella “Capo d’Anzio”. Salvo scrivere, nel documento mandato in Camera di commercio al posto del bilancio, che loro – benché soci – non si assumono responsabilità. Ecco, andassero altrove se l’apporto che devono dare è questo. E intervenga la Regione, una volta per tutte. L’offerta di Marinedi è un’offesa. Se vuole pagare, va ribadito, lo faccia per andare via. Il porto è di Anzio, pubblico, questo carrozzone messo in piedi ha fallito, ma nessuno può venire a offrire una miseria sperando magari in protezioni politiche “bipartisan” com’è stato finora.