
Riceviamo e pubblichiamo
Riflessioni di un italiano
La guerra attualmente in corso in Ucraina, oltre alle terribili conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti e che è impossibile far finta di non vedere, in Italia – Paese di tifosi – ha aperto un dibattito, se così si può chiamare, in cui coloro che esprimono pareri personali dissonanti da quelli populisti, provando a cercare anche le ragioni del conflitto oltre che a condannare l’atto di aggressione, vengono a loro volta aggrediti ed etichettati con aggettivi coniati appositamente quasi a marchiarli. E’ su questo che intendo sviluppare la mia riflessione ed in particolare sugli aggettivi “ “russofono”, “russofobo” e il più gettonato putiniano”.
Senza entrare nei tecnicismi della nostra grammatica faccio presente che gli aggettivi creati con l’aggiunta dei suffissi “fono” e “fobo” al nome “russo” sono contrari tra di loro. Il primo suffisso indica “propensione, amore per” mentre il secondo indica “paura, ripugnanza, antipatia, intolleranza”. Quindi i russofoni sono pro Russia e i russofobi sono contro la Russia, questo se si da ai termini usati il corretto significato, perché ogni parola ha un peso.
Ora mi chiedo come si fa ad essere etichettati pro o contro una qualunque nazione in termini astratti? E se non lo si fa astrattamente ci si riferisce al popolo che abita quella nazione?
Vorrebbe dire che tutto o per lo meno la stragrande maggioranza dei russi è favorevole e partecipe alle scellerate iniziative di Putin. E’ come dire che tutti gli italiani erano partecipi e favorevoli alle iniziative di Mussolini e che quindi tutti erano fascisti.
La storia ci ha insegnato sulla nostra pelle, quella dei nostri padri e nonni, che le cose in Italia non stavano proprio così: la maggioranza della popolazione subì il fascismo a causa della dittatura ed anche a causa della propaganda, stante la forte ignoranza e indigenza in cui tantissime famiglie vivevano. Allo stesso modo penso che le cose vadano oggi in Russia dove c’è una dittatura oligarchica, tantissima propaganda e la repressione del dissenso. In questo senso tutti dovremo essere russofoni se davvero siamo imparziali e perseguiamo il bene comune e non russofobi termine che porta insito dentro di se la paura, la fobia.
Ed ora affrontiamo il vero nocciolo della diatriba: l’aggettivo “putiniano”.
Questo vocabolo, new entry del dizionario italiano, è il più usato ad arte nei talk show di tutte le TV sia del servizio pubblico che privato per avviare una rissa in diretta e far lievitare gli ascolti. C’è sempre un ospite chiamato tra gli esponenti politici dei soggetti non presenti in Parlamento – un agnello sacrificale e sacrificabile senza far danno al sistema – e un sedicente giornalista arrogante e saccente: questo è il copione. L’argomento? La guerra in Ucraina ovviamente.
- Nel momento in cui l’ospite prova a inserire nel dibattito una riflessione sulle motivazioni della guerra, pur condannandola, viene messo alla pubblica gogna e parte l’appellativo: “lei è putiniano” ovviamente offensivo. L’ultimo, cronologicamente, ad essere così appellato, è stato il sindaco di Napoli Luigi De Magistris sul LA7 ed è subito partita la rissa, ovviamente.
Senza entrare nel tema sulla correttezza della formazione aggettivale, perché il suffisso “ano” di origine latina, da cui è poi derivato “iano”, indicherebbe la provenienza, ma oggi è anche cacofonicamente utilizzato con un nome proprio, essere definito “putiniano” vuol dire essere un seguace di Putin, così come essere “cristiano” vuol dire essere seguace di Cristo. Mi si perdoni l’accostamento ma ad esempio non è mai stato usato comunemente l’aggettivo “mussoliniano”o “hitleriano” che più sarebbero stati assonanti al “putiniano”. Ora la domanda: Come si fa ad offendere una qualunque intelligenza umana affibbiandogli l’aggettivo “putiniano”? Mi ripeto, ogni parola ha un senso; ma oggi nel nostro Paese stiamo assistendo alla trasformazione delle parole in armi che sicuramente non favoriscono la pace e che al contrario creano acredine tra gli ascoltatori, tra i tifosi, generando solo ulteriori disagi.
Michele Russo