Con il referendum del 17 aprile si chiede di cancellare la norma che consente alle società petrolifere di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo
Il prossimo 17 aprile si terrà un referendum popolare. Si tratta di un referendum abrogativo, e cioè di uno dei pochi strumenti di democrazia diretta che la Costituzione prevede per richiedere la cancellazione, in tutto o in parte, di una legge dello Stato. Perché la proposta soggetta a referendum sia approvata occorre che vada a votare almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto e che la maggioranza dei votanti si esprima con un “Sì”.
Perché questo referendum?
Per tutelare i mari italiani, anzitutto. Il mare ricopre il 71% della superficie del Pianeta e svolge un ruolo fondamentale per la vita dell’uomo sulla terra. Con la sua enorme moltitudine di esseri viventi vegetali e animali – dal fitoplancton alle grandi balene – produce, se in buona salute, il 50% dell’ossigeno che respiriamo e assorbe fino ad 1/3 delle emissioni di anidride carbonica prodotta dalle attività antropiche.
La ricerca e l’estrazione di idrocarburi ha un notevole impatto sulla vita del mare. Le attività di routine delle piattaforme possono rilasciare sostanze chimiche inquinanti e pericolose nell’ecosistema marino, con un forte impatto sull’ambiente e sugli esseri viventi, come dimostrano i dati del ministero dell’Ambiente relativi ai controlli eseguiti nei pressi delle piattaforme in attività oggi nel mare italiano.
Anche la ricerca del gas e del petrolio, che utilizza la tecnica dell’airgun (esplosioni di aria compressa), incide, in particolar modo, sulla fauna marina: le emissioni acustiche dovute all’utilizzo di tale tecnica possono elevare il livello di stress dei mammiferi marini, modificare il loro comportamento e indebolire il loro sistema immunitario. Possono provocare inoltre danni diretti a un’ampia gamma di organismi marini – cetacei, tartarughe, pesci, molluschi e crostacei – e alterare la catena trofica.
Senza considerare che i mari italiani sono mari “chiusi” e un incidente anche di piccole dimensioni potrebbe mettere a repentaglio tutto questo. Un eventuale incidente – nei pozzi petroliferi offshore e/o durante il trasporto di petrolio – sarebbe fonte di danni incalcolabili con effetti immediati e a lungo termine sull’ambiente, la qualità della vita e con gravi ripercussioni gravissime sull’economia turistica e della pesca. (comitato no triv)