di Linda Silvia

Due ragazzi, due amici, due dottori, che della loro passione sono riusciti a farne anche una professione. Parliamo di due persone nate e cresciute nelle nostre cittadine, che hanno studiato per diventare medici, ognuno con la propria specializzazione: Francesco Ajmone dottore in medicina generale e Mario Ranone specializzato in osteopatia e scienze motorie.
In questo momento storico, che non staremo di nuovo a raccontare perché ormai tristemente noto, hanno deciso di dare il loro contributo sia attraverso lo scritto, cioè con delle pubblicazioni scientifiche a tema, ma anche concretamente, sul campo. In particolare ad offrire la sua professionalità è stato Francesco, che dopo aver partecipato al bando indetto dalla provincia di Trento, è stato subito chiamato e così dallo scorso 24 marzo è in servizio presso l’ospedale di Mezzolombardo, uni dei centri Covid-19.
Questa è la sua prima volta, il suo primo impiego dopo gli studi. E noi vogliamo raccontervelo, perché ci emoziona, perché è una storia vicina a noi e perché l’amore per ciò che si fa a volte salva la vita.
Il dottor Ajmone, questo ragazzo del ‘94 dal viso buono e dal cuore grande, pur essendo tanto impegnato in questi giorni cruciali, ha trovato un po’ di tempo per raccontarci la sua realtà e quella dei tanti medici e infermieri con cui collabora.
“Ho un oceano di emozioni che si muove dentro di me – spiega Francesco Ajmone – Sicuramente c’è la paura ma anche la consapevolezza di fare la mia parte affiancando i colleghi più esperti in questo difficile momento e questo mi conforta. La paura mi è stata utile e mi è utile perché mi spinge a mettere il doppio dell’attenzione e della cura in ogni cosa che faccio, quindi ne faccio tesoro. Ma troppo spesso sento la parola ‘eroi’ e tutti noi della categoria che oggi ci troviamo là dentro, la odiamo molto, perché la figura dell’eroe è la figura che rischia la vita per fare un servizio agli altri. In parte è sicuramente vero dato il rischio infettivo altissimo, però noi vorremmo solo avere le giuste protezioni, cioè i DPI (Dispositivi Protezione Individuale), per fare il nostro lavoro, perché non siamo eroi, siamo persone normali che lavorano, sicuramente con passione e dedizione, ma che comunque lavorano. E come l’operaio ha il casco che lo protegge noi esigiamo i DPI.
Da quando è iniziato tutto questo – continua – sono morti ad oggi più di 80 medici e 25 infermieri. Sono numeri inaccettabili. Sono persone morte sul lavoro. Loro avrebbero preferito vivere e non essere ricordati come eroi.
E non lo dico tanto per me – conclude Ajmone – che stando nella tana del lupo sono protetto adeguatamente, ma per tutti quelli che continuano a fare attività assistenziale in reparti non covid o sul territorio, come i medici di medicina generale che soprattutto all’inizio sono stati mandati a morire senza protezioni, protezioni che tutt’ora mancano. A tutte le persone che invece stanno a casa vorrei dire grazie, sacrificare la vostra libertà per il bene di tutti è una cosa molto nobile per questo dovete essere fieri di voi stessi”. Poi ci saluta: “State tranquilli io torno presto”.

Il dottor Ranone è rimasto qui, ma è in continuo contatto con il suo amico e collega Francesco, con il quale appunto, danno vita di tanto in tanto a delle pubblicazioni di carattere scientifico, con particolari connessioni medico-osteopatiche. L’ultima riguarda un argomento fondamentale per l’emergenza attuale: il Roth Score Test. Si tratta di un test per capire la saturazione dell’emoglobina con l’ossigeno. “Questo valore, espresso in percentuale, è una misura indiretta di come funzionano i polmoni, in quanto indica quanti “spazi” destinati all’ossigeno nell’emoglobina (che è la proteina deputata al trasporto dell’ossigeno nei globuli rossi) sono effettivamente riempiti dall’ossigeno. Tale valore deve essere nel soggetto sano sempre superiore a 95%.
In questi giorni è di estrema importanza capire la saturazione dell’emoglobina con l’ossigeno (SaO2). Questo valore, espresso in %, è una misura indiretta di come funzionano i polmoni in quanto indica quanti “spazi” destinati all’ossigeno nell’emoglobina (che è la proteina deputata al trasporto dell’ossigeno nei globuli rossi) sono effettivamente riempiti dall’ossigeno. Tale valore deve essere nel soggetto sano sempre superiore a 95%. Il saturimetro fornisce questo valore in maniera attendibile grazie ad un meccanismo di luce ad infrarossi la percetuale di siti di emoglobina che sono occupati dall’O2. Nell’insufficenza respiratoria da polmonite interstiziale correlata a  Covid-19 i polmoni potrebbero perdere la capacità di estrarre dall’aria l’ossigeno necessario e questo si riflette in una bassa saturazione di O2 nell’emoglobina, quindi il saturimetro diventa un presidio fondamentale per poter anticipare il peggioramento clinico del paziente.
Ma se non abbiamo un saturimetro? Utilizziamo il Roth Score:
• facciamo contare al paziente senza farlo respirare da 1 a 30 mentre nel frattempo noi contiamo i secondi da quando inizia a contare fino a quando non finisce.
• Se riprende fiato in meno di 8 secondi significa che molto probabilmente la sua saturazione è sotto 95% e sta peggiorando.
• Se riprende fiato entro 5 secondi è praticamente certo che il paziente abbia una saturazione sotto 95% e bisognerà chiamare un medico.
Il Roth Score non si sostituisce in affidabilità al saturimetro ma sicuramente può essere molto utile in assenza di quest’ultimo”.
Che dire di più ai nostri ragazzi… in attesa delle vostre nuove, vi facciamo un grosso in bocca al lupo.