Siamo tutti uguali o c’è qualcuno più uguale degli altri?

di Eduardo Saturno

Dibattere di uguaglianza o di disuguaglianza può sembrare scontato. Chi di noi non è d’accordo sul fatto che uno dei valori supremi della nostra civiltà sia quello dell’uguaglianza? In effetti, la democrazia che caratterizza la civiltà occidentale basa i suoi presupposti proprio sul principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini. Ma siamo proprio certi che interrogarci sull’uguaglianza sia così ovvio?
Ma cosa caratterizza il concetto di uguaglianza? Di quale uguaglianza parliamo? Utilizziamo tante volte questo vocabolo per reclamarne un significato non generico. Ma siamo proprio sicuri di intendere la stessa cosa? Perché di uguaglianza si può parlare con modalità e significati differenti.

Conosciamo innanzitutto di essere ineguali già a decorrere dalla nostra nascita: caratteristiche fisiche, biologiche, genetiche, ereditarie, sessuali, lo confermano. Anche in base alle condizioni e al contesto e luogo di nascita, alle diverse opportunità che la vita ci riserva o ci toglie. A volte non possiamo accedere alle medesime condizioni altrui. Chi ha vissuto sulla propria pelle le conseguenze delle disuguaglianze sociali vive con una certa sofferenza la retorica dell’uguaglianza. Allora, siamo realmente uguali? Si direbbe di no. E allora, in che senso possiamo affermare di esserlo?
L’uguaglianza è identificata come “la condizione di pari dignità, senza distinzione di privilegi, tra tutti i cittadini di uno Stato o tra tutti gli uomini”. Tale idea che è il fondamento di tutte le dichiarazioni dei diritti – da quella francese del 1789 a quella dell’ONU del 1948, è un’idea quasi recente. Affinché non ci fossero dubbi nel rispettare le differenze esistenti tra persone e popoli a livello mondiale, nel 1975 si è affermato anche il diritto alla differenza per riconoscere a tutti una medesima dignità. La rivoluzione inizia nel XVII secolo.
Sino ad allora il pensiero politico aveva considerato le disuguaglianze naturali in quanto presupposto delle disuguaglianze sociali. Esse nascono, come illustra Rousseau, quando pochi esseri umani cominciano a possedere terre, animali ed oggetti che creano società gerarchiche. Le caste sacerdotali prima, quindi i filosofi e i poeti decretano, attraverso le parole, l’ordine divino delle differenze gerarchiche tra nobili e plebei, tra uomini e donne, tra genitori e figli. La democrazia che governa ad Atene nel V secolo a.c. è un regime fondato sull’uguaglianza che significa riconoscimento delle naturali disuguaglianze: questa è la giustizia. La politica non può far altro che rispecchiare queste disuguaglianze naturali poiché è chiaro che gli esseri umani sono tutti diversi.
Solo con lo stoicismo si inizia a divulgare l’idea che tutti gli uomini siano uguali e debbano godere dei medesimi diritti, ma è con l’avvento del Cristianesimo che questa idea trova il più grande riscontro.
Difatti, nella teologia cristiana, tutti gli uomini sono uguali perché figli dello stesso Dio. Purtroppo, in epoca medievale la dottrina della chiesa di Roma non predica la fine delle condizioni disuguali nella vita terrena; anzi riconosce la giustizia di ordini politici -impero e monarchie- basati su un ordinamento sociale gerarchico. I nobili e il clero posseggono privilegi e libertà che agli altri ceti non sono ammessi. Questa rappresentazione dell’ordine politico viene messa in discussione a partire dal XVII secolo di fronte alle guerre civili di religione.
Infatti, tra il XVII ed il XVIII secolo, in Inghilterra Hobbes e Locke, in Francia Rousseau, in Germania Kant asseriscono che gli uomini sono in natura liberi ed eguali e pongono l’origine dello Stato in un accordo volontario. Col propagarsi dei principi dell’Illuminismo, si inizia a considerare l’uguaglianza come qualcosa che lo Stato deve riconoscere e tutelare.

Pertanto, la grande novità che fonda la rivoluzione dell’uguaglianza è basata sull’idea dei diritti naturali. Non importa più se ci sono disuguaglianze alla nascita (maschi/ femmine, liberi/schiavi, ricchi/poveri ecc.), abbiamo però tutti gli stessi diritti.
Lo strumento per garantire tutto ciò è la Legge. Quindi senza le leggi ed il vincolo di farle rispettare non è possibile nessuna forma di uguaglianza, libertà e giustizia. Ecco perché questi tre principi possono concretizzarsi soltanto attraverso la politica (Stato) a prescindere dalla concezione della natura umana. Da una visuale politica si svilupparono svariati orientamenti che possono essere concentrati in due modelli a seconda della importanza prioritaria data alla libertà o all’uguaglianza /fraternità.
Nella maggior parte delle democrazie occidentali ha primeggiato il modello liberale che in campo economico ha affermato il capitalismo e il liberismo/neoliberismo dei mercati che, in una prima fase, ha consentito e offerto una maggiore possibilità di sviluppo economico per tutti. In altri paesi, soprattutto del Nord Europa, si sono affermate le social-democrazie che hanno cercato di ridurre le disuguaglianze iniziali garantendo a tutti una serie di diritti sociali: istruzione, salute, pensione, assistenza. Nei paesi in cui si sono affermati i governi comunisti, essi, purtroppo, si sono imposti attraverso le dittature che non hanno garantito la libertà e la giustizia, che sono i presupposti dell’uguaglianza, con la conseguenza della fine di essi a vantaggio del modello liberale.
Nei primi anni del XXI secolo, si pensava e si sperava che la globalizzazione avrebbe aumentato il benessere economico nel mondo, assicurando una maggiore uguaglianza sostanziale a tutti. Oggi sembra che questa speranza non possa tradursi in realtà. Infatti sono a tal punto aumentate le disuguaglianze tra le persone fino al punto che l’1% della popolazione mondiale possiede metà della ricchezza del pianeta.
Tale situazione potrebbe ancora accrescersi a causa delle tecnologie informatiche e biotecnologie che, grazie all’automazione robotica, surrogheranno, nell’arco di 20 anni, miliardi di lavoratori in ogni ambito professionale.
A questo punto siamo obbligati a concludere che l’uguaglianza è un principio astratto e che essa non potrà mai essere raggiunta dal momento che tutte le forme di governo attuate non sono riuscite a garantirla.