‘Ndrangheta, omissis e perché arriva una commissione

Sono assolutamente fuori luogo le parole del sindaco di Anzio, Candido De Angelis, di fronte a quanto sta accadendo negli ultimi giorni. Dire che qualcuno “vuole sovvertire l’ordine democratico” – ricordiamo che è un’indagine dell’antimafia – o che si esulta per la “mortificazione mediatica”, equivale a non aver compreso cosa è accaduto e sta accadendo con l’indagine “Tritone”. L’arrivo di una commissione d’accesso da parte del Prefetto dovrà verificare la correttezza degli atti dei quali parla il primo cittadino, un tempo uso a leggerli uno per uno, e deciderà se è il caso di proporre o meno lo scioglimento del Consiglio comunale. Sono le regole, quando si verificano vicende della portata di quella che stiamo vivendo. Senza esultare, anzi vergognandoci e al tempo stesso indignandoci per dove ci ha portato chi guida la città. Dire che qualcuno vuole sovvertire l’ordine democratico equivale all’infelice frase del suo collega di Sperlonga, all’epoca anche sindaco della Provincia di Latina, che sulla commissione d’accesso a Fondi parlò di “pezzi deviati dello Stato”. Sappiamo bene che il mancato scioglimento di quel Comune – grazie alle “vie infinite della politica” che proprio il nostro sindaco ricordava in tv tempo fa – resta uno scandalo italiano. Targato centro-destra, perché il governo era guidato da Berlusconi e il ministro dell’interno era il leghista Roberto Maroni. Adesso facciamola lavorare, la commissione, e speriamo che fra tre mesi ci dica che è tutto a posto. Avrà ragione il sindaco e ne saremo felici, ma resta il fatto che al di là delle inchieste e dei reati, il sistema messo in piedi è smascherato.

La commissione, ad Anzio, doveva arrivare molto prima e lo sa anche De Angelis. Oggi il prefetto – di fronte a quello che si legge nelle carte – non poteva fare altro. Se poi arrivasse lo scioglimento – ma ripeto, aspettiamo – è noto come il Consiglio di Stato nel 2018 abbia affermato: “La natura del provvedimento di scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non è di tipo sanzionatorio, ma preventivo, ciò comporta che quale presupposto si richiede solo la presenza di “elementi” su “collegamenti” o “forme di condizionamento” che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto fra gli amministratori e la criminalità organizzata, ma che non devono necessariamente concretarsi in situazioni di accertata volontà degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata, né in forme di responsabilità personali, anche penali, degli amministratori”. Anche per questo andava fatta prima, quella commissione, non c’era bisogno di aspettare queste carte.

Che tutti conoscono, ormai, delle quali c’è chi ha usato cose che benché pubbliche non sarebbero pubblicabili, ma che ci dicono ancora tanto. Ci sono numerosi “omissis” quando i pentiti parlano. Facciamo un esempio che non è nei documenti: se io dico – sentito dal magistrato – che ad Anzio “ho pagato la tangente a omissis” vuol dire che si sta indagando per verificare se il pentito dice il vero.

Per questo non è finita, anche se è difficile ipotizzare i tempi delle verifiche e di eventuali altri interventi. Sulla presenza di clan, ad Anzio come a Nettuno, non c’erano né ci sono dubbi. Solo gli sciocchi possono parlare di “infiltrazioni” quando la ‘ndrangheta ha messo radici e la camorra fa affari. Se e quanti elementi o collegamenti con l’amministrazione ci sono, dovrà dircelo la commissione. Lasciamola lavorare.

 

Fonte: https://giovannidelgiaccio.com