Un punto di vista sulla verità oggettiva

di Eduardo Saturno
Anche i bambini sono a conoscenza del fatto che usare il gas invece della
benzina equivarrebbe ad avere meno inquinamento. Ciò nonostante,
proseguiamo nell’utilizzo della benzina e negli stabilimenti automobilistici di
vetture alimentate col solo gas nemmeno a parlarne. Da un versante, quindi,
abbiamo una verità oggettiva: l’utilizzo del gas riduce l’inquinamento; dall’altro
sussiste una veridicità che, se anche ieri poteva sembrare oggettiva (è stato
più opportuno servirsi della benzina che del carbone), ora, rispetto ad una
nuova verità, appare soggettiva, ossia arbitraria. Essa è invero la realtà delle
multinazionali petrolifere, che deprecano la rinuncia ai loro utili. Ma quindi
realmente i dettami della maggioranza non sono legittimati a statuire il criterio
della verità oggettiva? E il caso che una sparuta minoranza debba ascriversi
autonomamente la facoltà di discriminare i concetti di bene e male per tutti i
cittadini? È forse veritiero che quando si asserisce la relatività di ogni verità, si
termina col negare un esatto valore della democrazia? O auspichiamo forse
credere che se le verità non sono dissimili, è meglio lasciar decidere alla sorte?
È forse questo un atteggiamento scientifico?
In questo frangente viene da domandarsi se il genere umano, in virtù della
scienza, abbia realmente progredito. Conformati sul fatto che l’evoluzione
tecnico-scientifica non rappresenta un autonomo indice di “civiltà”, ma, se per
questo, nemmeno lo è l’assenza di tale progresso. Per avvalorare tale
coesistenza occorre verificare i risultati delle scoperte scientifiche e delle
applicazioni tecnologiche. Il punto di riferimento dovrebbe essere sempre il
compiacimento dei bisogni umani, materiali e spirituali, nella sua interezza. Se adopo gli ultimi cinque secoli di storia abbiamo appurato che il gioco non vale la
candela (ad es. perché, alla fine, gli svantaggi superano i benefici, o perché
non tutti gli esseri umani vengono “soddisfatti” alla stessa maniera), possiamo anche decretare di fermarci (e addirittura di tornare indietro). Ma per poterlo realizzare, dobbiamo forse attendere di pagare tutti gli effetti delle nostre illusioni con una catastrofica guerra mondiale o con una calamità di tipo atmosferico. Oppure dobbiamo proseguire nell’utilizzare i progressi
tecnico/scientifici per attestare che esiste un altro modo di vivere il nostro
rapporto con la Natura?