Storia, Personaggi: Uno sfortunato eroe popolare

Nicola di Lorenzo, conosciuto come Cola de Rienzo, nato a Roma 1313 morto assassinato sul Campidoglio l’8 ottobre 1354.

È possibile che il personaggio di cui parlo oggi, non abbia avuto la fama che forse merita. Credo questo sia dovuto fra l’altro, al fatto che la città che lo vide protagonista, si trovava in quel momento in una condizione di marginalità rispetto al corso della storia d’Italia e di Europa.
Roma non era più da moltissimo tempo la splendida e potente città dell’epoca antica, si erano in gran parte perduti i fasti dell’età imperiale e la metropoli di un tempo forte di un milione di abitanti e signora del mondo conosciuto, in pieno medioevo era ridotta ad un enorme ammasso di rovine testimoni dello splendore di un tempo.
La cinta delle sue mura era lunga più di venti km ma all’ interno all’inizio del 1300 vivevano meno di 50.000 persone. Fra i monumenti in rovina cresceva la selva, sembra popolata addirittura da lupi. Ai tempi della nostra storia il Papa e la Curia risiedevano ad Avignone in Francia e la’ sarebbero rimasti fino al 1377.
La città di fatto era senza governo, abbandonata a sé stessa preda dei Baroni, le famiglie di signori locali, che spadroneggiavano sulla popolazione inerme e sempre in guerra tra loro. Il clima di soprusi e paura portava con sé la miseria diffusa e l’abbandono, non c’era scampo per le persone semplici e per bene. Persino i pellegrini che pure numerosi visitavano la città di Pietro, il centro della cristianità erano vessati, derubati e in pericolo di vita.
In questa situazione terribile nasce nel 1313 Nicola, in romanesco dell’epoca Cola. La Cronica detta dell’Anonimo Romano scritta in quel periodo così ne parla
” Cola de Rienzi fu de vasso lenaio ( bassa condizione), lo patre fu tavernaro ebbe nome Rienzi.La matre ebbe nome Matalena, la quale visse de lavare panni e acqua portare. Fu nato nello rione della Regola”, fin da bambino si aggirava fra i vasti monumenti diroccati attratto dalle cose antiche.
In giovinezza, pote’ studiare sembra grazie all’aiuto di un prelato che lo introdusse al latino classico, lingua che seppe padroneggiare molto bene. Sempre l’anonimo Romano riferisce che
“Tutte scritture antiche vulgarizzava (traduceva). Queste figure de marmo iustamente interpretava”. Più tardi divenne notaio e seppe mettersi in luce per l’eloquenza tanto che fu scelto dal governo dei “Tredici buoni uomini” per rappresentare la città di Roma davanti al Papa Clemente VI ad Avignone.
Cola impressiono’ favorevolmente la corte del Papa dove peroro’ la causa “delli citatini de Roma” contro lo strapotere dei Baroni, cosa che gli attirò l’ira del potente cardinale Giovanni Colonna.
Comunque nel 1344 rientra a Roma con l’incarico di notaio della Camera Apostolica e da questo momento in qualità di delegato del Papa, inizia una battaglia pubblica contro i Baroni e le loro cricche che
“Consiento li omicidii, le robbarie, li adulterii, onne male; essi voco che la loro citate iaccia desolata” (Cronica dell’Anonimo Romano).
La grande sintonia con “lo puopolo” Cola la dimostra quando per rendere comprensibile il suo messaggio a tutti, fa dipingere degli affreschi che espone in zone popolari dalla città cosiche’ anche il popolino possa capirlo.
Inoltre arringa spesso la folla conquistando il favore della gente.
In uno di questi sermoni affollatissimi, espone “L’ordinamento dello buono stato”. Una serie di leggi contro la corruzione, il malaffare, la violenza dei Baroni e in favore dei più deboli. Per difendere istituisce una milizia di fedelissimi, stipendiati dal comune.
Riferisce l’Anonimo Romano che i signori cominciano a tremare, Cola è implacabile con i malfattori, e presto scoppia la rivolta.
I Baroni partendo dalla città di Marino, attaccano Roma il 20 novembre del 1347 presso Porta S. Paolo.
Il popolo compatto risponde alla chiamata di Cola e i Baroni vengono respinti, alcuni della potente famiglia Colonna cadono uccisi insieme ad altri. La vittoria è totale, contemporaneamente però il Tribuno del popolo (questo è il titolo di Cola) comincia a perdere lucidità, forse è intossicazione da potere, sta di fatto che cade negli eccessi e diventa esoso con le tasse.
Il clima cambia e i signori di Roma fiutato l’aria, alzano la testa. Quando il Tribuno si trova in pericolo e chiama a raccolta i Romani, nessuno si presenta.
Cola si rifugia in Castel S.Angelo e di notte scappa dalla città. Vaga un po’ in Europa e lo ritroviamo alla corte di Carlo IV re di Boemia. È accusato di eresia, ma a quel tempo qualsiasi nemico politico era considerato anche eretico, e condotto ad Avignone. Il nuovo Papa Innocenzo VI lo processa ma Cola convince la corte, viene scarcerato e torna a Roma accolto in trionfo. Ma la magia è finita. Cola sempre più arrogante e avido di ricchezze si inimica il popolo, a questo punto la rivolta è generalizzata. L’8 ottobre 1354 i Romani si radunano sotto il Campidoglio, il Tribuno Cola tenta la carta dell’arringa ma la gente non lo ascolta, si da fuoco alle porte del palazzo.
A questo punto Cola de Rienzo tenta una nuova fuga travestito, ma viene riconosciuto e linciato. Le sue spoglie appese per due giorni presso la dimora di una delle famiglie più importanti di Roma, infine bruciato. Finisce così l’avventura “dell’ultimo Tribuno del popolo di Roma”.

Claudio Silvestrini