Nettuno. Sabato 8 luglio, Domenico Iannacone al festival “Tracce cinematografiche” a lui sarà assegnato il premio Antonio Taurelli

Al festival “Tracce cinematografiche” in corso al Forte Sangallo di Nettuno, sabato 8 luglio, alle ore 21.00 si svolgerà un evento speciale, importante e particolarmente significativo, dotato di grande impatto simbolico, poiché il Premio Antonio Taurelli per il Miglior Reportage Sociale sarà consegnato a Domenico Iannacone.

Domenico Iannacone è giornalista e regista RAI, autore di reportage sociali dall’alto valore culturale ed umano, il cui filo conduttore è una narrazione accogliente e non giudicante, incuriosita e partecipe, ma mai invadente o umiliante, di chi riesce ad accompagnare, mettendosi al fianco del soggetto o dei soggetti protagonisti, con autenticità, rispetto e semplicità, perché immune dalla voglia di spettacolarizzare l’altro spogliandolo della propria profondità. Da ciò scaturiscono un dialogo e una relazione franchi, onesti e genuini, tramite cui emergono la dignità, la sacralità e la ricchezza emotiva delle persone che condividono la propria storia, tenendo assieme le proprie fragilità e le proprie risorse attraverso una spirale narrativa e visiva che tocca le marginalità quotidiane in cui siamo immersi, consentendoci di riuscire a metterle a fuoco, vedendo con gli occhi trasformativi dell’empatia.

Fra i lavori di Domenico Iannacone, si ricordano “Il sillabario delle emozioni” (2022), “Che ci faccio qui” (2019), “I Dieci Comandamenti” (2013-2018), che gli è valso due volte il Premio “Ilaria Alpi” e il Premio come “migliore TV d’autore dell’anno”. Precedentemente aveva già vinto altre tre volte il Premio “Ilaria Alpi”, nella sezione miglior reportage italiano lungo, nel 2008 con “Il Terzo Mondo” e nel 2010 con “Il Progetto, storia di un’Italia incosciente”, nel 2011 con “Evasori”.

In occasione della consegna del premio, la serata dell’8 luglio, presente Domenico Iannacone, sarà centrata sulla proiezione di “Ogni santo giorno: capitolo 1”, contemporaneamente reportage di denuncia sullo sfruttamento, sulla riduzione in schiavitù e sull’oppressione del lavoro dei più fragili nelle campagne, ma simultaneamente anche testimonianza di chi, invisibile, marginale e precario a sua volta, compie quotidianamente gesti d’amore prendendosi cura degli altri in una forma di lotta comune per l’esistenza.