Dopo la revoca dei lavori alla ditta, chi pagherà per lo scempio compiuto in termini economici oltre che giuridici?
di Claudio Pelagallo
Alla fine dell’estate del 2013, iniziavano i lavori per la costruzione del molo in cemento sui ruderi romani “La costruzione dell’enorme molo che si sta realizzando nell’area archeologica delle grotte di Nerone rischia di deturpare in modo significativo l’area archeologia, l’opera realizzata dall’Ardis con finanziamenti regionali e autorizzata dalla Soprintendenza ai beni archeologici a “protezione” del molo del porto neroniano, per tipologia e modalità di realizzazione andrà a compromettere l’aspetto paesaggistico che da più di 2 mila anni caratterizza uno dei luoghi più suggestivi e ricchi di storia del litorale romano». «L’impatto ambientale del grande molo di cemento armato che si sta realizzando tra le rovine dell’antico porto neroniano è enorme e chiediamo con urgenza il blocco dei lavori, la verifica di eventuali presenze archeologiciche sotto il molo in costruzione, un ripensamento dell’intera opera di protezione che dovrebbe essere realizzata con materiali e modalità meno impattanti con il complesso archeologico di alto valore storico e paesaggistico“. Questo è quanto scrivevo, i primi di settembre, lanciando un grido dall’allarme a giornali, media e social network su quanto stava avvenendo ad Anzio. Il Comitato per la tutela e valorizzazione della Villa e Grotte di Nerone da un anno a questa parte ha inondato di lettere il Sindaco di Anzio, la Soprintendenza e la Regione con esposti ed appelli accorati, raccolto 1200 firme, affinché intervenissero a tutela di quell’area tanto delicata a e preziosa. I lavori sono proseguiti inesorabilmente: con le ruspa cingolata parcheggiata sui ruderi, con la mega gettata di cemento per costruire quel molo, unico modo per i grandi “esperti” per salvare quell’area dall’erosione. Ora si viene a sapere che la ditta incaricata dei lavori è in odore di mafia. Il cantiere del porto neroniano di Anzio che era stato affidato alla società con interdittiva antimafia dalla Regione Lazio è stato bloccato e chiuso.
La motivazione l’ha spiegata lo stesso Presidente Nicola Zingaretti. “A seguito della comunicazione da parte della Prefettura di Roma agli uffici regionali della interdittiva antimafia nei confronti della società Icem Srl, con sede a Minturno in provincia di Latina aggiudicataria di un appalto per l’affidamento dei lavori per l’antico Porto Neroniano di Anzio, la Direzione regionale Ambiente ha provveduto immediatamente alla predisposizione degli atti necessari alla rescissione del contratto e alla liquidazione dei costi per le opere già eseguite, così come previsto dalla legge in materia”. Ora tutti ci chiediamo: come è possibile che si affidino lavori di tale importanza e delicatezza ad una ditta chiacchierata? non si poteva evitare quel pugno nello stomaco del molo di cemento che svetta tra i ruderi millenari? dov’erano, tutti gli Enti, preposti alla vigilanza e alla salvaguardia di una zona archeologica sottoposta a particolari vincoli e tutele? Qualc’uno negli anni scorsi ha pensato fosse un bene trasferire ai Comuni le deleghe in materia di autorizzazioni paesaggistiche o di pianificazione del paesaggio. Con ottimi risultati direi! Il Comune di Anzio ha vigilato bene! E quel piazzale, dove i turisti arrivano per ammirare il panorama, interdetto dal cantiere chiuso con la rete metallica, un cantiere che non sarebbe dovuto mai partire, una vergogna che ci potevano risparmiare. Ma ora resta aperta la questione, come scrive Silvia Bonaventura attivista del Comitato- “chi pagherà per lo scempio compiuto in termini economici oltre che giuridici”?