“È che vorrei contattare parti irraggiungibili, disperse e periferiche di me”.
Avere tra le mani pagine che ti risuonano dentro, continuare a sfogliarle muovendo gli occhi alla ricerca di quei pezzi di te che sembravano guariti, leniti, risolti ed accorgerti che effettivamente tanto è stato risolto ma la bambina che vive dentro il mio petto ogni tanto mi tira la gonna in cerca di consolazione.
Pulsatilla, nome d’arte di Valeria Di Napoli, nasce e diventa famosa come blogger per poi diventare scrittrice, autrice, reporter perché la scrittura le permette di entrare in contatto con la possibilità.
Torna a scrivere Pulsatilla, con “Il campo è aperto” edito da Baldini+Castoldi, lo fa camminando senza macchia e senza paura tra i ricordi, del passato e del presente, lo fa come fosse una seduta di psicoterapia, gettando i pensieri nero su bianco, provando a dipanare quanto più possibile quel bandolo che aggrovigliato l’ha fatta sentire spesso “inconsolabile”.
Si aggira nei remoti viali della depressione, della bulimia, anoressia, della dipendenza affettiva, non come un’equilibrista ma come una che munita di caschetto e picchetto ha scalato le sue montagne con consapevolezza.
Non si è raccontata frottole, non ha cercato di mentire agli specchi del suo io interiore, ha calato le maschere e si è concessa al dolore della verità.
Un padre bipolare, uomini sbagliati e la ricerca di mani che sappiano accarezzarla.
Il suo rifugio, la figlia Lucilla e il cane Rumi, che involontariamente sembrano narrarle una storia fatta di comunicazione efficace, amore semplice e profumo di casa. Qui Pulsatilla trova la pace.
Ricercare, essere curiosi, sperare di capire quel frastuono interiore da dove possa derivare e aprirsi al mondo per fare pace con un baluardo familiare ed emotivo impegnativo.
Il campo è aperto, te ne accorgi solo quando sei connessa con tutto ciò che c’è intorno e dentro di te, quando l’impossibile diventa possibile e quando finalmente ti senti a casa, quella che abita dentro di te.