“Se essere innamorati vuol dire ritrovarsi di colpo uniti alla parte più turbolenta, più oltraggiosa e viva di sé.”
Una discesa negli inferi, il libro di Scott Spencer “Un amore senza fine” edito da Sellerio.
Perché l’amore sa essere anche questo, inferno e spesso accade quando ci innamoriamo di qualcuno che riesce a tirare fuori la parte più oscura di noi, quella più bestiale e forse quella più sincera.
In queste pagine c’è l’amore in ogni sua declinazione, c’è erotismo, senso del possesso, disfunzionalitá e tanta, tanta, fragilità.
Cosa significa appartenersi? Abbiamo davvero la presunzione di pensare che qualcuno possa appartenerci? Alcuni amori vivono e si nutrono di questo, di credere fortemente che l’uno senza l’altro non possa vivere, non possa esistere e che in ogni lontananza ci sia semplicemente l’incipit di un nuovo incontro.
Ci si mischia la pelle, l’odore, il fiato, si mescolano i pensieri, la vita, la totale dipendenza l’uno dall’altro e anche a distanza di anni, basta uno sguardo per far riaffiorare tutto e far ricominciare tutto.
David e Jade sono solo pezzetti di noi che li accompagnamo per dieci lunghi e tormentati anni. Sono quei brandelli carnali, vivi e dolenti che almeno una volta nella vita abbiamo sperimentato addosso a noi.
È bastato un incendio a farli allontanare, è servita un morte per farli ritrovare e nel mezzo sofferenza, prigione e manicomio criminale.
Le famiglie hanno un loro peso specifico, sia David che Jade hanno genitori insoddisfatti, poco attenti, poco inclini all’ascolto, tranne Ann, l’unico vero appiglio per David e uno dei più grandi tormenti di Jade.
L’amore non è una formula matematica, si scatena per molecole affini, astri allineati, convergenze momentanee, stati d’animo, visioni e previsioni.
Può farti volare e può trascinarti nelle celle più impietose dell’esistenza, credo che a fare la differenza sia un costante senso di attaccamento con noi stessi, perché è da noi stessi che torniamo ogni giorno.