Con cadenza regolare, nel mondo della letteratura e del mercato libri in generale, torna la polemica sul valore culturale dei fumetti: è questione complessa che solitamente si risolve in banalizzazioni e posizioni radicali. Ecco, superando in scioltezza questa polemica, Maus di Art Spiegelman per Einaudi è un capolavoro della storia della letteratura, se con questo termine indichiamo anche la capacità, in forma artistica, di spiegare il mondo attraverso storie e figure.
Art Spiegelman racconta la storia del padre sopravvissuto all’Olocausto, della gestazione di questo capolavoro, della mancanza della madre morta suicida dopo la guerra, di un’America che è il riscatto dei figli.
Il padre di Spiegelman è un personaggio incredibile: antipatico, spilorcio, fastidioso ma allo stesso tempo ingegnoso, intelligente, lucido. Spiegelman riesce a trasmetterci tutta la compassione per un uomo che ha attraversato l’orrore e allo stesso tempo l’antipatia a pelle per un padre fastidioso e petulante. La storia di questo padre e della sua famiglia non stupiscono certo per le atrocità, che ben conosciamo purtroppo. Ma ogni volta che un artista di questo spesso ci parla dei campi di concentramento o delle vicissitudini che hanno portato alla soluzione finale, è come se la riproduzione della tragedia attivasse in noi il potere emotivo della memoria.
Spiegelman, in tutto ciò, riesce anche a farci ridere, perché è la bellezza alla fine a vincere sempre.