“In questa casa abbiamo tutti un pezzo che manca”
Alcune volte, quando scrivo dei libri che ho letto, più della trama credo sia utile trasferire le “ossa biancheggianti”, ossia ciò che resta della storia, i residui di quelle parole che si sono depositati in me.
Viola Ardon con “Tanta ancora vita” (Einaudi) si inserisce nel mio personale armadio delle emozioni, ho letto tutti i suoi romanzi e ha la capacità di farmi entrare in contatto con la tenerezza e la commozione.
Un pezzo che manca lo abbiamo tutti, chi più e chi meno, quella parte monca cerchiamo di aggiustarla con altri esseri umani che ci risuonano dentro, che potenzialmente pensiamo possano calmare e colmare quella solitudine che ogni tanto ci divora.
Gli altri sono davvero necessari, lo sono per fungere da cuscino, da riempitori, da serbatoi viventi di esperienze attraverso le quali la nostra sembra meno ingombrante.
Un dolore se condiviso non vale meno, ma sembra più sostenibile.
Quando la vita crolla a pezzi e ti sembra di non trovare vie di fuga, l’unico mezzo di supporto è provare a restare, ascoltare e assorbire la vita degli altri, per trovare un appiglio, un rifugio consolatorio e la prospettiva di una nuova famiglia, la famiglia dell’anima.
In queste pagine c’è la depressione di Vita, il coraggio di Kostya, la fatica di Irina e la guerra in Ucraina.
La guerra bene o male ce l’abbiamo tutti, chi sotto i propri occhi, chi sotto la propria pelle, a fare la differenza è come ti poni.
Credo tutto risieda nella fiducia, in te e nell’altro.
Provare a sentire il senso di casa in ciò che hai intorno, anche quando dentro hai solo detriti e macerie.
È la guerra, la guerra che che ti fa dimenticare cosa sia la felicità, ma prima o poi “uscimmo a riveder le stelle”.
Grazie Viola, leggerti è come sentirsi a casa.


