Piantedosi, il fallimento di un uomo che dovrebbe essere delle istituzioni

La parabola dell’ex prefetto Piantedosi è la dimostrazione che essere un dipendente dello Stato non trasforma chiunque in un uomo delle istituzioni. Tutto il Paese ne ha avuto la dimostrazione in questi pochi mesi di governo.

Un uomo che riesce a definire “carico residuale” dei bambini che – senza genitori – sbarcano infreddoliti in un porto straniero, voi come lo definireste? Lo stesso ministro che, poche ore dopo la tragedia di Cutro, ha trattato le vittime come fossero colpevoli, che se l’è presa con i cadaveri, che ha ammonito dei morti, “colpevoli” solo di essere scappati dalla guerra, dalla fame o dai talebani, dicendo che sono voluti partire a tutti i costi per mancanza di educazione (lui ce l’ha avuta), voi come lo chiamereste?

Lo stesso personaggio che si mette in cattedra e dice che la sua educazione lo avrebbe obbligato a restare nel suo Paese, ha forse dimenticato quanti milioni di nostri concittadini (anche dalle parti da cui lui proviene) sono emigrati per scappare dalla fame e dall’arretratezza?

Sentire Piantedosi parlare e guardarlo senza che in egli traspaia nemmeno un briciolo di empatia umana, è quanto di più distante da quello che ha fatto il nostro presidente Mattarella, in piedi, in silenzio, davanti alle bare di quella povera gente, che aveva solo un sogno nel cuore per il proprio futuro e per quello dei propri figli.

Nella dignitosa compassione di Mattarella c’è il vero senso delle istituzioni e non di certo nel grigio burocratese di un ministro che si nasconde dietro parole vuote, vedendo il quale è inevitabile il ritorno alla mente di quella terribile banalità del male di altri periodi bui.

Ma non sono solo questi i fallimenti politici di costui: anche la situazione del nostro territorio ne è un’altra cartina al tornasole. Se infatti da prefetto prima e da ministro poi, ha deciso di sciogliere le amministrazioni comunali perché infiltrate dalla criminalità organizzata, perché non ha pensato fino ad ora di rinforzare gli organici delle forze dell’ordine di Anzio e Nettuno? Non si rende conto che tutti i giorni, quanto accade sul nostro territorio ci avvicina sempre più ad una situazione di non ritorno?

In questo territorio si sta combattendo una guerra all’interno della malavita per chi dovrà predominare le piazze di spaccio e il malaffare ma nonostante Piantedosi ben conosca la relazione di scioglimento, nemmeno un poliziotto, un carabiniere o un uomo in più della guardia di finanza è arrivato a rinforzare gli organici ridotti all’osso.

Cosa pensa il ministro, che davvero possa bastare solo l’impegno delle forze sociali sane delle nostre città per combattere questa guerra di legalità? Oppure ha deciso di sacrificare Anzio e Nettuno, condannando i nostri figli ad emigrare per avere un futuro lavorativo e di legalità? Perché in entrambi i casi, non fa altro che dimostrare ulteriormente, laddove ce ne fosse bisogno, la sua totale inadeguatezza al ruolo che occupa.

_Roberto Alicandri_