Femminicidi. Un’analisi su possibili cause e soluzioni

“Le cause dei femminicidi sono complesse e multifattoriali, ma possono essere ricondotte a un denominatore comune: la disuguaglianza di genere e la violenza maschile sulle donne. Una violenza che si palesa in diverse forme: fisica, psicologica, economica, istituzionale, culturale. La violenza maschile sulle donne è spesso motivata da sentimenti di possesso, controllo, gelosia, rabbia, frustrazione, che derivano da una visione patriarcale e misogina della società, in cui la donna è considerata inferiore, sottomessa, oggetto. La violenza maschile sulle donne è anche alimentata da una cultura dell’impunità, in cui gli aggressori non vengono adeguatamente puniti e le vittime non vengono adeguatamente protette e sostenute. La violenza maschile sulle donne è infine favorita da una mancanza di educazione al rispetto, alla parità, alla diversità, che dovrebbe iniziare fin dall’infanzia e coinvolgere tutti i livelli della società.
Le conseguenze dei femminicidi sono molteplici e gravi, sia per le vittime che per i loro familiari, amici e la società intera. Tra le conseguenze più evidenti ci sono:
Il lutto e il trauma di chi perde una persona cara in modo violento e ingiusto. I familiari delle vittime devono affrontare non solo il dolore della perdita, ma anche le difficoltà legali, economiche e sociali che ne derivano. Spesso si sentono soli, incompresi, colpevolizzati o stigmatizzati dalla stampa, dalla giustizia o dall’opinione pubblica.
L’impatto sui figli e le figlie delle vittime, che subiscono una grave violazione dei loro diritti e della loro sicurezza. I bambini e le bambine che assistono o subiscono violenza domestica possono sviluppare problemi psicologici, comportamentali, relazionali, scolastici e di salute. Inoltre, possono riprodurre nella vita adulta i modelli violenti appresi in famiglia.
La violazione dei diritti umani e della dignità delle donne, che sono discriminate, sfruttate, abusate e uccise solo per il fatto di essere donne. Il femminicidio è la forma più estrema di violenza di genere, che si basa su una cultura patriarcale e sessista che considera le donne inferiori, sottomesse, oggetti di proprietà degli uomini.
Il costo sociale ed economico della violenza sulle donne, che si traduce in spese sanitarie, legali, assistenziali, di sicurezza, di prevenzione e di riparazione. Secondo uno studio dell’Unione Europea, il costo annuale della violenza di genere nell’UE è stimato in 226 miliardi di euro.
Per contrastare il fenomeno, è necessario intervenire su più livelli: prevenire la violenza educando al rispetto, alla parità, alla diversità; proteggere e sostenere le vittime garantendo loro servizi, aiuti, risorse; punire i colpevoli applicando le leggi esistenti e introducendone di nuove; assistere e promuovere le donne riconoscendo loro pari opportunità, autonomia, partecipazione.
A tal proposito una soluzione potrebbe essere l’adozione del Metodo Scotland, un approccio innovativo per contrastare la violenza domestica, ideato da Patricia Scotland, presidente della Global Foundation for the Elimination of Domestic Violence . Questo metodo è stato implementato con successo in Inghilterra, dove ha contribuito a ridurre significativamente i casi di violenza domestica. Un metodo semplice e, per alcuni versi, ovvio, di coordinamento fra tutti gli istituti già esistenti nella maggior parte degli ordinamenti giuridici nazionali.
La misura principale consta nell’allontanamento fisico della vittima dal luogo in cui si consuma la violenza, che spesso è rappresentata dalle mura domestiche all’interno delle quali, invece che protezione, si trova l’aggressore. Attivato il Tutor, secondo un protocollo di intesa tra servizi sociali, medici, avvocati e operatori di polizia giudiziaria, la vittima viene seguita e aiutata per un periodo di tempo (tre mesi) che le permetterà di accedere ad un vero e proprio programma di assistenza e reinserimento sociale.
Viene, inoltre, assegnato alla vittima un punteggio di rischio – da altissimo a molto alto a medio – allo scopo di procedere alla sua sistemazione in un alloggio pubblico, se disponibile, oppure in un’abitazione privata per evitare il ritorno, anche volontario, della donna dal proprio aggressore.
Oltre al Tutor e agli IDVAR (Independent Domestic Violence Adviser) vengono coinvolte le aziende (in Inghilterra hanno aderito in tante, sia quelle di piccole dimensioni, sia le multinazionali) per fare in modo che le donne non perdano il lavoro e mantengano, così, la loro indipendenza economica, elemento fondamentale per non subire ricatti psicologici da parte del loro persecutore.
Grazie al metodo Scotland, nel Regno Unito è aumentata la percentuale di aggressori sottoposti a procedimento penale poiché le donne, consapevoli di poter essere aiutate in modo concreto e di non essere lasciate sole, trovano il coraggio di denunciare e di affrontare tutte le difficoltà successive.
Al contempo, sono diminuiti i costi sociali che la violenza domestica porta con sé, grazie all’integrazione sistematica dei servizi giudiziari, sanitari e assistenziali e alla promozione di una politica sociale concreta e funzionale alle esigenze reali e quotidiane delle vittime.
E in Italia?
Nel mese di maggio del 2013 è stato siglato un accordo tra l’Università degli Studi Milano-Bicocca e la baronessa Scotland con la fondazione di un progetto (l’EDV Italy Project) che ha lo scopo di promuovere l’introduzione anche nel nostro sistema giudiziario del Metodo Scotland, già sperimentato in Spagna e Nuova Zelanda. Da allora, nonostante gli sforzi dei vari governi per arginare il drammatico fenomeno della violenza sulle donne, il metodo Scotland non ha ancora trovato attuazione. Ed i recenti accadimenti ne sono la cruda testimonianza.

Ecco alcune statistiche sulla violenza domestica in Italia nel 2023:
Oltre il 90% delle vittime di violenza domestica sono donne.
Il 21,6% delle donne ha subito violenze psicologiche dal partner o ex partner .
Il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni (6 milioni 788 mila) ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale.
Ha subito violenze fisiche o sessuali da partner o ex partner il 13,6% delle donne (2 milioni 800 mila), in particolare il 5,2% (855 mila) da partner attuale e il 18,9% (2 milioni 44 mila) dall’ex partner.
Dal 1° gennaio al 23 luglio 2023, 184 persone sono state tragicamente strappate alla vita. Una preoccupante percentuale di queste vittime, 65 per l’esattezza, erano donne, spesso uccise da coloro a cui erano vicine sentimentalmente o per vincoli di parentela.
Confrontando i dati con quelli del 2022, emerge un andamento ambivalente. L’anno in corso ha visto un lieve incremento nel numero totale di omicidi, che sono passati da 177 a 184 (+4%). Tuttavia, c’è stato un decremento del 10% nel numero di vittime femminili, sceso da 72 a 65.
Per approfondire il tema dei femminicidi, vi consiglio di consultare i seguenti siti web utilizzati come fonti per la redazione dell’articolo:
Sipsid, un’associazione di psicologi e psichiatri che si occupa di salute mentale e di prevenzione della violenza di genere. Qui trovi un articolo che spiega il significato, la realtà e la prevenzione del femminicidio.
Pazienti.it, un portale di informazione medica e sanitaria. Qui trovi un’intervista a uno psicoterapeuta che analizza le cause psicologiche dell’aggressore e le possibili terapie.
Pourfemme.it, un magazine online dedicato alle donne. Qui trovi un articolo che illustra il fenomeno del femminicidio, le sue cause e le sue conseguenze.
Elle, una rivista di moda e lifestyle. Qui trovi un articolo che smonta i falsi miti sulle cause dei femminicidi, come la passione, la gelosia o l’amore.
Wikipedia, l’enciclopedia libera online. Qui trovi una voce che descrive il concetto di femminicidio, la sua storia, le sue statistiche e le sue legislazioni.
Altre fonti: nonsprecare.it, alfa-legal.it, iprofessionistidellasicurezza.it, zerozeronews.it

Eduardo Saturno