Nell’ottobre del 2014 il Consiglio comunale votò una mozione che fissava obiettivi molto ambiziosi finalizzati alla risoluzione dell’annosa questione
delle molestie odorigene. Tutto partiva dalla constatazione che le emissioni odorigene, secondo l a normativa nazionale e regionale, venivano classificate come “caratteristiche dell’impianto”, ma che di fatto – si legge nella mozione – per qualità, quantità e persistenza limitano la libertà individuale, la fruizione degli spazi aperti e dei giardini, alimentando tensioni sociali, dubbi sulla salubrità dell’ambiente, abbassano il valore degli immobili,
la resa delle attività agricole, artigianali e industriali. Una descrizione condivisibile, allora come oggi, su un tema che puntualmente viene sollevato e che, pur
troppo, spesso non trova alcuna soluzione e risposta da parte delle istituzioni preposte, malgrado sembrino note le conseguenze sull’ambiente, la
salute e il benessere degli uomini. La mozione aveva essenzialmente tre obiettivi:
1)perorare l’avvio di un iter legislativo atto a definire in maniera obiettiva e scientifica la
misurazione e classificazione delle emissioni odorigene e i limiti della tollerabilità, equiparare le emissioni odorigene a inquinamento atmosferico e predisporre l’obbligo perle aziende di adottare le migliori tecnologie per l’abbattimento delle stesse;
2) subordinare il rilascio di nuove autorizzazioni o di sensibili ampliamenti di impianti fonti di emissioni odorigene, oltre che alle prescrizioni già vigenti, anche allo Studio di Tollerabilità degli odori, nonché disporre per gli impianti in possesso di autorizzazione e/o operativi che recano disagio e disturbo alla cittadinanza monitoraggi di controllo per procedere ad adeguamenti tecnici/strutturali, capaci di limitare l’impatto olfattivo.
3) pubblicizzare la mozione presso le altre amministrazioni locali della regione affinché un’azione corale e condivisa porti a ottenere norme efficace e risolutive per le emissioni odorigene.
Nei mesi successivi sui giornali abbiamo letto dell’esistenza di un tavolo tecnico istituto presso l’Assessorato regionale all’Ambiente, nel marzo del 2015; addirittura i giornali riportavano la notizia di rassicurazioni da parte della Regione Lazio al Comune di Aprilia, al fine di disciplinare i cattivi odori sul territorio apriliano, si parlava di una bozza di regolamento che sarebbe stato oggetto di confronto politico tra amministrazioni, associazioni e comitati di quartiere, dal quale sarebbero scaturite le linee guida per la legge regionale sulle emissioni odorigene, “che potrà vantare anche Aprilia tra i promotori”.
Ciononostante, a distanza di sette anni, diamo per scontato – non avendo più letto nulla sulla “legge made in Aprilia” di cui tutti andavamo fieri e respirando sempre più aria nauseabonda – che tutto si sia inspiegabilmente arenato. Perché? Eppure, come emerge in queste settimane e come ripetutamente segnalato ai Carabinieri negli ultimi due anni, il tema è ancora attualissimo.
A fronte di quella mozione, soprattutto rispetto al punto 2, constatiamo che il 30 settembre 2019, la Commissione Ambiente del Comune di Aprilia, ha dato
via libera all’impianto di Acea, condizionando il parere favorevole all’espletamento, a cadenza biennale, dell’aggiornamento del modello diffusionale per “la valutazione della reale molestia olfattiva dell’impianto”, inserendo i dati ottenuti
dalle campagne di monitoraggio; inoltre, Acea dovrebbe installare due nasi elettronici e a valle di ciascuna indagine trasmettere a tutti gli enti preposti i risultati delle analisi.
Ci chiediamo: vale solo per Acea oppure è stato fatto anche per altri impianti che in questi anni hanno presentato istanze di ampliamento o rinnovi di Aia?
Anche se talvolta sono visibili alcuni segnali, riscontriamo sul tema una assoluta mancanza di sensibilità
da parte dell’amministrazione in numerose vicende che riguardano questo tema e non ci riferiamo solo a quelle che ci vedono maggiormente impegnati,
ma a diverse situazioni che sempre più spesso avviliscono i cittadini, perché il sistema non solo non recepisce da sé le istanze (tutti sentiamo le “puzze”, possibile solo gli amministratori del Comune non le sentano?), ma quando le accoglie, avvia iniziative dilatorie, salvo addirittura non rispondere affatto, preferendo il silenzio e l’indifferenza.
Sono mesi che viene segnalato a cadenza mensile il mancato funzionamento della centralina ARPA, che dovrebbe rilevare le emissioni atmosferiche; eppure, non abbiamo alcuna prova di interventi di
richiamo da parte del Comune nei confronti dell’Agenzia per l’Ambiente, mentre si leggono, volentieri e spesso, piogge di danari per questa e quella opera; forse la salute non ha valore?
Non ultima, nel corso di una recente assemblea tenutasi sui temi salute e ambiente, abbiamo fatto notare la qualità delle emissioni di alcune grandi aziende che operano sul nostro territorio, rendendo noti i dati pubblicati sulle BAT. Basterebbe solo questo per provocare una reazione decisa per chieder
e il rispetto delle regole. Anche qui ci chiediamo: siamo solo noi cittadini a preoccuparci della qualità dell’aria che respiriamo e delle ricadute in termini sanitari?
Naturalmente, per avere garanzie della tutela della salute e dell’ambiente ci vorrebbe soprattutto la volontà da parte degli enti preposti: pensiamo solo
a quanto accaduto due anni fa a seguito
dell’incendio alla LOAS (per decine di giorni abbia mo respirato i fumi sprigionati dalla combustione di
rifiuti e sostanze nocive), ma nessuno pagherà per questo.
Le leggi ci sono, non ne servono nuove, è sufficiente farle applicare (per questo serve la volontà).
Ne riportiamo di seguito alcune.
Classificazione delle industrie insalubri e odori: Regio Decreto n. 1265 del 1934 che stabilisce i criteri per la localizzazione di determinate tipologie impiantisti in modo da limitare gli effetti sulla popolazione;
Elenco delle industrie insalubri
: Il D.M. del 5 settembre 1994 “elenco delle industrie insalubri di cui all’art. 216
del testo unico delle leggi sanitarie” riporta nella prima classe le lavorazioni suscettibili del rilascio di sostanze
odorigene (quali allevamenti di animali, concerie, distillerie, inceneritori, macelli, salumifici con macellazione, scuderie, depositi ed impianti di depurazione e tra
ttamento rifiuti);
Le norme per limitare i problemi olfattivi:
Il D.Lgs. 183/2017 sancisce la possibilità per le norme regionali e per le Autorità competenti, in sede autorizzativa, di prevedere misure di prevenzione e limitazione apposite per le emissioni odorigene;
L’ art. 272-bis del D. Lgs. 183/2017
: i giudici potranno valutare la legittimità delle emissioni odorigene su dati
oggettivi e misurabili, forniti anche da provvedimenti regionali o dalle stesse autorizzazioni che governano
l’esercizio dello stabilimento. Questo articolo ha colmato la precedente lacuna del D. Lgs. 183/2017, in.precedentemente le emissioni odorigene (a tutti gli
effetti una forma di inquinamento) erano soggette a limiti e il superamento degli eventuali limiti stabiliti in autorizzazione è sanzionabile, secondo l’art. 279 del D. Lgs.152/2006.
Carmen Porcelli per La Città degli Alberi
Rosalba Rizzuto per Aprilia Libera
Andrea Ragusa per Cittadini Pentastellati – Grillini apriliani