All’istituto Tecnico Industriale Statale Luigi Trafelli di Nettuno, nel laboratorio di chimica, si è tenuto, nell’a.s. 2023-24, il corso PNRR sulla PCR, con i fondi stanziati dall’UE. La PCR è compresa in uno speciale kit realizzato da una nota casa produttrice e solo pochi altri istituti ne sono dotati. L’attività, approvata dalla Dirigente Scolastica Sabrina Zottola, è stata tenuta dai referenti del corso Prof. Enrico Chirci D’Afile e Prof. Francesco Giacumbo, docenti di chimica della scuola, con il supporto dell’assistente di laboratorio Dott.ssa Celeste Alfinito.
La PCR, o Reazione a Catena della Polimerasi, è una tecnica utilizzata per amplificare il DNA, consentendo agli scienziati di studiarlo e analizzarlo in modo più dettagliato e in tempi brevi. Come suggerisce il nome stesso, questa tecnica sfrutta la reazione a catena della DNA polimerasi, un enzima coinvolto nella sintesi del nuovo filamento durante la replicazione del DNA nelle cellule. Tale metodica fu ideata nel 1983 dallo scienziato statunitense Kary B. Mullis il quale ottenne, per questo, il Premio Nobel per la chimica nel 1993. La possibilità di disporre di grandi quantità del DNA di interesse è stata fondamentale per la nascita delle biotecnologie e per le scienze forensi. In breve, la PCR serve per fare copie multiple di uno specifico frammento di DNA, specie quando è presente in quantità esigue, permettendo la sua analisi e la sua identificazione, ad esempio, in una scena del crimine.
Questo è stato l’obiettivo degli studenti partecipanti al corso: i ragazzi, sotto la guida dei docenti, hanno potuto riprodurre in laboratorio una finta scena del crimine, analizzando diversi campioni di DNA sospetti seguendo i passaggi di una vera e propria indagine forense. Infine, tramite il confronto dei vari campioni, si è potuto individuare il colpevole del reato.
Come si svolge la PCR?
I campioni di DNA, che possono essere recuperati da alcune cellule ritrovate sulla scena del crimine (ad es. sangue, frammenti di pelle ed altri liquidi biologici), vengono portati in laboratorio per eseguire la PCR per duplicare moltissime volte i frammenti di DNA. Ogni ciclo di amplificazione prevede tre passaggi termoregolati e temporizzati attraverso l’uso di un termociclatore.
Il primo passaggio consiste nella denaturazione, nella quale si alza la temperatura a circa 90°C per rompere i legami a idrogeno (particolari legami tra molecole) che uniscono i filamenti complementari del DNA, contenenti la regione da amplificare. Nel secondo passaggio, ossia l’appaiamento, la temperatura viene abbassata tra i 40 e i 60°C e ciò favorisce l’attacco dei primer (brevi filamenti di RNA), che servono da innesco per la DNA Polimerasi per sintetizzare il nuovo filamento di DNA; ciò avviene nel terzo passaggio, detto allungamento. Questa Polimerasi è definita termostabile, in quanto funzionante ad alte temperature. Alla fine dell’allungamento, la temperatura viene alzata nuovamente per denaturare tutte le nuove doppie eliche, cominciando così un nuovo ciclo. Queste tre fasi vengono ripetute per circa 30 cicli fino a raggiungere la quantità di circa 1 miliardo di copie dei frammenti di DNA.
In seguito, questi frammenti vengono fatti migrare e separati sfruttando l’elettroforesi su gel di agarosio,
(Tecnica che permette la separazione dei frammenti di DNA in base al loro peso molecolare e all’azione di un campo elettrico). Confrontando le bande elettroforetiche dei campioni di DNA provenienti dalle cellule dei sospettati (amplificati tutti mediante PCR) con quelle della scena del crimine, si potrà verificare quale sia il sospettato che era presente alla scena del crimine stessa.
La possibilità di riprodurre in laboratorio gli stessi passaggi di una vera e propria scena del crimine forense, è stata per gli studenti una grande opportunità per scoprire e, per alcuni, ampliare le proprie conoscenze in merito a questo interessante argomento di chimica.
Gli studenti affermano: “È stata una bellissima opportunità partecipare a questo corso. Le lezioni, che sono state in totale di 26 ore, ci hanno permesso di fare gioco di squadra e di confrontarci tra di noi, divertirci ed utilizzare macchinari professionali. Il fatto di dover capire chi fosse il colpevole del reato, ha acceso in noi la nostra curiosità e l’interesse di completare ogni passaggio dell’esperimento, per scoprire come andava a finire. Studiare gli argomenti sui libri è un conto, affrontarli sul campo è un altro”. I ragazzi aggiungono: “I professori sono sempre stati disponibili e gentili, hanno sempre risposto ad ogni nostro dubbio spiegandoci in modo completo e chiaro ogni passaggio dell’esperimento. Loro non ci hanno mai fatto annoiare durante le lezioni; ogni volta era un’esperienza nuova! Speriamo proprio di poter ripetere un’esperienza simile.”
In conclusione, i partecipanti al corso, studenti, ma anche docenti, hanno messo in pratica una metodica che molti di loro hanno potuto studiare solo sui libri, toccando con le proprie mani strumenti di nuovissima generazione.
Articolo realizzato da:
Emanuel Di Francesco (Classe 5C Liceo);
Alessandra Pietrini (Classe 5A Liceo)