Sono le diseguaglianze sociali sempre più marcate «il vero male che corrode l’Italia». Ad affermarlo è il Censis, secondo cui «i dieci uomini più ricchi del Paese dispongono di un patrimonio di circa 75 miliardi di euro, pari a quello di quasi 500mila famiglie operaie messe insieme». Non solo: poco meno di 2mila italiani “paperoni”, membri del club mondiale degli ultraricchi, dispongono di un patrimonio complessivo superiore a 169 miliardi (escluso il valore degli immobili), cioè lo 0,003% della popolazione possiede una ricchezza pari a quella del 4,5% della popolazione totale . «Le distanze nella ricchezza sono cresciute nel tempo – osserva il Censis – oggi, in piena crisi, il patrimonio di un dirigente è pari a 5,6 volte quello di un operaio, mentre era pari a circa 3 volte vent’anni fa. Il patrimonio di un libero professionista è pari a 4,5 volte quello di un operaio (4 volte vent’anni fa). Quello di un imprenditore è pari a oltre 3 volte quello di un operaio (2,9 volte vent’anni fa)». Inoltre, secondo quanto rileva il Censis il rischio di finire in povertà è, per i residenti nel Sud (33,3%), triplo rispetto a quelli del Nord (10,7%) e doppio rispetto a quelli del Centro (15,5%). Nel Sud (18%) i residenti hanno anche un rischio quasi doppio di finire indebitati rispetto al Nord (10,4%) e di 5 punti percentuali più alto rispetto a quelli del Centro (13%). Questa situazione non è il prodotto di un destino cieco e ineluttabile. E’ il risultato delle politiche economiche adottate di governi all’indomani dell’esplosione della crisi del debito sovrano. (cp)