Non viola il dovere di fedeltà il dipendente che produca in giudizio documenti riservati

Non viola il dovere di fedeltà il dipendente che produca in giudizio alcuni documenti aziendali riservati

di Valerio Pollastrini

Nella sentenza n.25682 del 4 dicembre 2014, la Corte di Cassazione ha ribadito che, nell’esercizio del proprio diritto di difesa, il dipendente può legittimamente produrre in giudizio la riservata documentazione aziendale riguardante direttamente la propria posizione lavorativa.

Nel caso di specie,  una lavoratrice era stata licenziata poiché, nel corso di una causa da lei instaurata per l’ottenimento di un inquadramento superiore, aveva prodotto in fotocopia alcuni documenti aziendali ritenuti riservati.

Chiamati a decidere sull’impugnazione del recesso proposta dalla dipendente, sia il Tribunale del primo grado che, successivamente, la Corte di Appello avevano ritenuto il licenziamento illegittimo.

Avverso questa sentenza, la società aveva proposto ricorso per Cassazione, censurando il giudice dell’appello per aver ritenuto che i documenti allegati dalla donna nel precedente giudizio non fossero riservati.

Al riguardo, la ricorrente aveva sostenuto che la lavoratrice non avrebbe avuto alcun titolo per detenere i documenti predetti, anche perché, nel corso del giudizio nel quale gli stessi erano stati proposti, non avevano avuto alcuna incidenza, in quanto la domanda avanzata dalla donna era stata accolta  in base alle sole risultanze testimoniali.

La ricorrente, inoltre, aveva censurato l’impugnata sentenza per aver tralasciato la valenza, se non disciplinare, quanto meno di inadempimento contrattuale della condotta della lavoratrice, venuta meno agli obblighi derivanti da precise disposizioni datoriali, e per aver trascurato la deposizione di un teste, idonea a dimostrare il danno subito dalla società a cagione della divulgazione del manuale di qualità aziendale.

Dette doglianze, tuttavia, sono state ritenute infondate dalla Cassazione, che, investita della questione, ha ricordato come, più volte, la giurisprudenza di legittimità abbia chiarito  (1) che il dipendente che produca in una controversia  copia di atti aziendali riguardanti direttamente la propria posizione lavorativa non viene meno ai doveri di fedeltà di cui all’art.2105 c.c.. Ciò in quanto, oltre al fatto che la  normativa processuale è, di per sé, idonea ad impedire una vera e propria divulgazione della documentazione aziendale, il diritto di difesa, inevitabilmente, assume un carattere prevalente rispetto   alle eventuali esigenze di riservatezza del datore di lavoro.

In merito alla circostanza che i suddetti documenti si fossero rivelati ininfluenti ai fini dell’accoglimento della domanda di superiore inquadramento contrattuale, accolta   sulle mere risultanze testimoniali, la Cassazione ha precisato che le modalità dell’esercizio del diritto di difesa debbono essere valutate ex ante ed in astratto, ossia prima della decisione giurisdizionale, avuto riguardo soltanto della loro connessione con il thema probandum, e non ex post ed in concreto alla luce dell’esito della controversia e delle motivazioni espresse dal giudice, non prevedibili dalla parte nel momento in cui si trovi ad impostare e documentare le proprie argomentazioni difensive.

In sostanza, la Corte di Appello aveva correttamente  escluso che tale addebito potesse integrare il concetto di giusta causa o giustificato motivo di licenziamento.

Chiarita la valenza generale nell’ordinamento giuridico della scriminante dell’esercizio del diritto di difesa, ne consegue la decadenza di ogni altra considerazione sulla natura riservata o meno dei citati documenti.

Queste, in sostanza, le argomentazioni in base alle quali la Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda.

1)      – Cass., Sentenza n.6501 del 14 marzo 2013; Cass., Sentenza n.3038 dell’8 febbraio 2011; Cass., Sentenza n.12528 del 7 luglio 2004; Cass., Sentenza n.6420 del 4 maggio 2002;

Dott. Valerio Pollastrini

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