Da i “Racconti di Porto d’Anzio”: Le lancette da turismo.
Pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, nella città di Anzio il turismo estivo riprese vigore a piccoli passi. Una delle attività più proficue legate al mare era quella dei barcaroli, che a tempo pieno affittavano le loro lance a vela latina per escursioni intorno al porto o fino a Torre Astura. Quest’attività era svolta, seppur con minor impegno, anche da alcuni brecciaroli che per arrotondare il salario, dopo aver lavorato al trasporto di sassi, ripulivano in fretta le loro imbarcazioni per portarle in banchina sotto i ristoranti e soddisfare la grande richiesta di escursioni da parte dei villeggianti.
I barcaroli a tempo pieno erano molto stimati ad Anzio, sia per le loro competenze marinaresche, sia per i rapporti cordiali che dopo anni d’esperienza sapevano instaurare con clienti d’ogni estrazione sociale.
Tra i barcaroli più conosciuti vi erano: Alfonso ‘L’Affumato’, Salvatore Capobianco ‘Il Cucciuso’, Pasqualino ‘Zanocchia’, Camillo ‘Il Gobbo’, Salvatore Cristadoro ‘Il Capitano’, Gigetto ‘Bruciafero’, Salvatore Gargiullo ‘Il Mattacchione’ e Giovanni ‘Er Procedano’. Tutti svolgevano quest’attività con grande maestria.
Cristadoro portava con la sua lancia i signori a pescare fragolini e dentici sulla secca di Costaguti, mentre ‘L’Affumato’ e ‘Bruciafero’ avevano grandi barche a vela ormeggiate in banchina per le gite in mare e possedevano anche delle lancette a remi molto richieste dai clienti, costruite dai fratelli Gallinari. Il cantiere, sempre attivo grazie all’abilità di Alessandro, maestro d’ascia, e del figlio Pierfrancesco, fabbrica ancora oggi queste piccole imbarcazioni secondo le più antiche tradizioni di famiglia.
I barcaroli rimanevano sempre in banchina, sia per organizzare il lavoro e contrattare con i numerosi villeggianti, che per controllare lance e lancette e relative dotazioni di bordo. Se era necessario un marinaio, noi giovanotti ci mettevamo alla guida della lancia e portavamo il cliente per il giro turistico fino all’Arco Muto dov’era la villa Imperiale di Nerone. Si trattava spesso di turisti che non sapevano nuotare o che non avevano mai visto il mare, fidandosi e affidandosi all’esperto locale nonostante spesso questo fosse un ragazzino.
Sulle vele delle lance si vedevano le sponsorizzazioni di quotidiani come Il Tempo o Il Messaggero, oppure di ditte commerciali come la Sciolari, le cui scritte pubblicitarie erano a caratteri grandi e ben leggibili sia in banchina che in navigazione.
Di questo spaccato caratteristico dell’Anzio d’estate faceva parte l’‘Ammiraglio’ Martini, che passava tra i bar e i ristoranti vendendo telline e ostriche da poco pescate con il cestello di vimini sotto il braccio, i pantaloni rimboccati fin sopra le ginocchia e i piedi nudi. Il barcarolo Salvatore Capobianco, detto il ‘Cucciuso’, passeggiava invece intorno alle scalette della banchina cantando ‘Che bel mare! Oh, che bel mare!’
Questo racconto, pubblicato con l’autorizzazione dell’autore, è tratto dal libro “RACCONTI DI PORTODANZIO ” di Ciro Spina, edito dall’Associazione Culturale 00042