Anzio. A Colle Rotondo l’Oppidum di Caenonem

Di Michele Russo
Tra il 14 e il 23 d.C. il Geografo Strabone (libro V, capo VII), descrivendo le città del Lazio lungo la costa, scriveva:
“Dopo di essa [Ostia] trovasi Anzio città anch’essa importuosa, fondata sopra scogli, e lontana da Ostia circa duecento sessanta stadii”.
Alla sua epoca, infatti, Anzio non aveva il porto che fu costruito dall’imperatore Nerone tra il 54 e il 68 d.C (Svetonio, Vita dei Cesari, VI –Nerone- 9).
“In seguito, cominciando a far mostra di pietà filiale, celebrò splendidamente i funerali di Claudio, ne fece l’elogio funebre e lo innalzò al rango degli dei. Concesse grandi onori alla memoria di suo padre Domizio. Quanto a sua madre le lasciò l’alta direzione di tutti gli affari pubblici e privati. Il primo giorno del suo principato diede perfino come parola d’ordine al tribuno di guardia “la migliore delle madri”, e spesso in seguito; andò a spasso in pubblico con lei, nella lettiga di Agrippina. Stabilì ad Anzio una colonia composta di veterani pretoriani ai quali aggiunse i più ricchi primipili che trasferirono il loro domicilio; qui costruì anche un porto, sostenendo una spesa enorme per i lavori.”
Molti autori moderni, citando un passo di Livio, affermano che Anzio ebbe un porto, chiamato Caenon, distrutto nel 338 a. C.

Livio (II,63,6) scrive:
“Numicio fece rotta su Anzio contro i Volsci, Verginio guidò le truppe contro gli Equi. In questa campagna si sfiorò il massacro a seguito di un’imboscata, ma il coraggio dei soldati riuscì a rimettere in piedi la situazione compromessa dalla negligenza del console. Le operazioni contro i Volsci furono condotte con maggiore scrupolo: i nemici, sbaragliati al primo scontro, furono messi in fuga e costretti a riparare ad Anzio, all’epoca uno dei centri più ricchi dei dintorni. Non osando per questo attaccarla, il console tolse agli Anziati un altro oppidum, Cenone, però molto meno prospero”.
In realtà Livio non parla di un porto ma di un “oppidum”;
Dionigi di Alicarnasso (Antichità Romane, IX, 56) scrive:
“Numicio marciò sulla città degli Anziati, l’una allora delle primarie tra i Volsci, ma non gli si oppose armata alcuna, riducendosi tutti a respingerlo da dentro le mura. Fu dunque saccheggiato gran tratto della loro terra e presa una cittadella sul lido, la quale era per essi come arsenale ed emporio, dove concentravano il bottino che andavano depredando sul mare, L’esercito prese per concessione del console gli schiavi, i denari, i bestiami, le merci: ma gli uomini liberi che non erano periti in guerra furono presentati all’incanto. Furono prese agli Anziati ventidue navi lunghe, ed apparecchi ed armi di navi. Infine per ordine del console i romani bruciarono le case, ne devastarono l’arsenale e ne distrussero dalle fondamenta le mura perché ritirandosene quel luogo non fosse un castello a vantaggio degli Anziati.
E’ la minuziosa relazione della distruzione di un oppidum, ovvero di una città fortificata più grande di un semplice vicus (aggregato di case e terreni sia rurale che urbano appartenente ad un pagus) ma non abbastanza esteso da essere indicato come civitas.
Questo oppidum, e non il porto, come detto, era Cenone cittadina minore, lungo la costa, sotto il controllo di Anzio. Esso era fornito di mura, come descrive Dionigi, case e arsenale. Vi vivevano sia uomini liberi che schiavi. Vi erano concentrati bestiame e merci. Era il 469 a.C.
Alcuni autori, compreso La Regina (Porto d’Anzio – Antium- in Enciclopedia dell’Arte Antica Treccani), fanno ricadere al 338 a.C. dopo la battaglia presso il fiume Astura, l’occupazione del Caenon (indicato come porto di Antium) sulla scorta di Livio. In realtà lo storico (Libro VIII, capi 13 e 14) si esprime in termini diversi:
“[…] Gli Aricini, i Lanuvini e i Veliterni si stavano unendo ai Volsci di Anzio presso il fiume Astura quando vennero raggiunti e sconfitti dall’attacco improvviso di Menio. […] I consoli allora, grazie alle energie e al coraggio che infondeva la presa di una città, decisero di guidare l’esercito vittorioso a domare l’intero Lazio. E non si placarono fino a quando, dopo aver espugnato ogni singola città o averne accettato la resa, non ebbero ridotto tutto il Lazio in loro potere. […] Anche ad Anzio fu insediata una nuova colonia, dando per scontato che agli Anziati sarebbe stato concesso di iscriversi di persona se lo avessero voluto. Le loro navi da guerra vennero sequestrate, mentre al popolo di Anzio fu vietato il mare e concessa la cittadinanza. Parte delle navi degli Anziati venne rimorchiata nei cantieri navali di Roma, parte fu invece data alle fiamme e si decise di utilizzarne i rostri per ornare una tribuna costruita nel foro, alla quale andò il nome di Rostri.”

In questo passo, pertanto, non si fa riferimento né al porto di Anzio né al Cenone – inteso come oppidum – che era già stato distrutto nel 469 a.C.
L’esatta ubicazione di Caenone, ritenuta prossima ma distinta da Anzio, ancora non è stata accertata. In realtà dieci anni fa gli archeologi A. Guidi, A.M. Jaia e G. Cifani (Nuove ricerche nel territorio di Colle Rotondo ad Anzio) rappresentavano che “a questa tematica (l’insediamento di Colle Rotondo) si lega la problematica storico-topografica dell’identificazione dell’abitato con l’oppidum anziate avente funzione portuale di Caenon, ricordato da Livio e da Dionigi di Alicarnasso per le devastazioni subite dai volsci anziati ad opera dei romani intorno alla metà del V secolo a.C.” rimandando la discussione di tale problematica a un contributo specifico che non risulta ancora aver visto la luce.
Lo stesso nome Caenum, tradotto letteralmente “pantano” è indicativo dell’ubicazione: da Anzio fino a Pomezia il territorio costiero era tutto paludoso, come ci informa Strabone (Libro V Capo VII)
“Tutto il Lazio è un paese felice e fertile, qualora se ne eccettuino piccole parti lungo la spiaggia del mare, le quali sono pantanose e insalubri come a dire il territorio degli Ardeati, e quello fra Anzio e Lavinio fino a Pomezia, e parte di quel dei Setini e del territorio intorno a Taracina ed al Circeo, oltre ad alcuni altri siti montani e sassosi”.

Colle Rotondo
Un sito mai preso in considerazione degli studiosi fino agli anni ’60 del secolo scorso quando un archeologo rumeno naturalizzato italiano, Dino Adamesteanu (Contribution of the Archaeological “aerofototeca” of the Ministry of Education to the solution of problems of ancient topography in Italy, in Thent International Congress of Photogrammetry, Firenze 1964) pioniere della foto interpretazione aerea, riconobbe in quel pianoro distante da Anzio 8 km in linea d’aria un possibile sito di interesse archeologico.
Quanto sopra riportato mi porta a credere che Colle Rotondo è il sito di Caenon. E questo è solo l’inizio del mistero svelato.

Michele Russo