“Non sempre la realtà era fedele alle immagini”.
Candidato al Premio Strega 2023, Le Perfezioni di Vincenzo Latronico per Bompiani.
Le perfezioni racconta una generazione, quella di noi quasi quarantenni alle prese con l’apatia, i grovigli interiori, la scontentezza, l’identificazione dell’io attraverso il lavoro e la spersonalizzazione attraverso i social, con annessi filtri.
Ho letto diverse recensioni su questo libro, alcune lo hanno definito noioso e mi sono detta che se chi lo ha letto si è annoiato è perché noi siamo una generazione imprescindibilmente noiosa.
Ci muoviamo in massa seguendo le mode del momento gridate a cassa toracica espansa sui social. Lavoriamo più del necessario per poter dire al mondo che “lavoro ergo sono”, gli interessi che coltiviamo durano il tempo di un like su Instagram, siamo alla continua ricerca di stimoli senza renderci conto che lo stimolo deve partire dal di dentro.
Le perfezioni di Latronico è un manifesto che riflette in pieno quello che siamo diventati: noiosi.
Anna e Tom sono una coppia che dall’Italia si trasferisce a Berlino quando Berlino era ancora in costruzione dopo la caduta del muro, piano piano la città diventa centro gravitazionale per artisti e creativi emergenti, ma per Anna e Tom più passa il tempo e più diventa piatta anche Berlino.
La loro relazione è priva di eccitazione, lavorano come Creator digitali, affittano il loro appartamento sulle piattaforme comuni quando loro partono, fanno poco l’amore e spesso nella stessa posizione, sono vegani, poi vegetariani, poi ogni tanto si sballano con la droga, poi sono sempre alla ricerca di qualcosa che li abbàgli, della svolta.
Latronico fotografa pienamente i tempi amari e scoraggianti che viviamo e lo fa usando un lessico meravigliosamente Tondelliano, quelle parole mai banali, ricercate, pettinate e dannatamente belle da leggere.
Le perfezioni sono tutte quelle immagini che non abbiamo il coraggio di pubblicare, perché la vera perfezione alloggia nella verità, senza paura di risultare noiosi e senza il bisogno di stare nel fare.
È un libro che parla degli scontenti, dei sognatori a cui è stato privato il sonno, dei sottomessi che vorrebbero ribellarsi ma aspettano il secondo turno.
Parla di noi, che siamo noiosi e in quella noia non sappiamo ritrovare la creatività.