Dopo l’operazione Tritone che ha portato a 65 arresti
‘Il silenzio è mafia’ è lo slogan della manifestazione organizzata dalla Rete NoBavaglio questa mattina ad Anzio. Un appuntamento a cui hanno partecipato giornalisti, studenti, associazioni, ma soprattutto tanti cittadini comuni che hanno voluto far sentire la propria voce contro le mafie. La recente operazione Tritone, condotta dalla Procura e dalla Dda di Roma, ha acceso ancora una volta i riflettori sulla presenza della criminalità organizzata sul litorale laziale.
Sono stati 65 gli arresti e l’accusa principale è associazione a delinquere di stampo mafioso, in particolare sul territorio di Anzio e Nettuno è emersa la presenza, ormai radicata da anni, di una potente ndrina di ‘ndrangheta: il clan Gallace-Madaffari che qui farebbe i soldi con la droga riciclandoli nel tessuto economico locale e cercando di allacciare rapporti con le amministrazioni per mettere le mani sugli appalti pubblici. Negli scorsi giorni il prefetto Matteo Piantedosi ha nominato le commissioni di indagine che per i prossimi tre mesi si occuperanno di condurre accertamenti su eventuali legami tra gli amministratori locali e la criminalità organizzata. Sotto la lente delle commissioni ci sono il rilascio di autorizzazioni, la preparazione di bandi di gara e l’assegnazione di appalti in diversi settori: dai rifiuti alla scuola, dalle concessioni balneari alla sanità.
“La manifestazione ‘Il silenzio è mafia’ è nata come risposta spontanea e determinata ad anni di silenzio e indifferenza perché l’informazione e la conoscenza sono un modo per liberarsi dalle Mafie – ha dichiarato Linda Di Benedetto, giornalista delle Rete NoBavaglio – Tenere accesi i riflettori sulle realtà che giorno dopo giorno sono impegnate nel recupero, nel riscatto sociale e nel mutualismo è una risposta ed un modo per contrastarle: è l’antimafia dal basso. L’opinione pubblica deve essere informata correttamente su ciò che accade nei territori perché la criminalità organizzata si nasconde non solo dietro la corruzione ma anche dietro il silenzio e la disinformazione. Il lavoro di denuncia è importantissimo ma c’è anche quello di una giusta narrazione di un territorio che per la maggioranza dei casi è costituito da realtà e associazioni sane che sono il vero antidoto allo strapotere delle mafie e al deficit di buona politica. “Fare rete con i cittadini, le associazioni, i giovani e con i colleghi della stampa è un modo per combattere tutto questo ed è lo scopo di questa manifestazione che ha visto tante realtà diverse scendere oggi in piazza contro i Clan. Realtà animate da coraggio e determinazione che questa volta non sono rimaste a guardare. La manifestazione di oggi è dare uno spazio a chi non si è rassegnato e non vuole rassegnarsi”, ha concluso Di Benedetto.
In piazza presente anche il presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio, Gianpiero Cioffredi, che ha definito l’operazione Tritone come “la più importante indagine realizzata nel Lazio contro la mafia calabrese degli ultimi anni”. Cioffredi ha spiegato come “la strategia della ‘ndrangheta nel Centro-Nord è quella della cosiddetta colonizzazione dal basso, loro individuano dei territori medio-piccoli perché è più semplice creare le reti organizzative e condizionare l’amministrazione pubblica. Lo hanno fatto in Lombardia, lo hanno fatto e lo stanno facendo nel Lazio”. La Regione Lazio “per dare forza ai cittadini onesti”, ha spiegato Cioffredi, si costituirà parte civile nel processo che seguirà all’operazione Tritone. Non solo: è previsto infatti un laboratorio nelle scuole del territorio per parlare ai ragazzi dei valori della legalità, “perché in questi casi è bene ripartire dai giovani”, ha concluso il presidente dell’Osservatorio.
Giovanni Del Giaccio, dell’associazione Stampa romana, ha ripercorso a grandi tappe la storia del clan ‘ndranghetista sul territorio. “Questo è un territorio che da sempre vede un grosso traffico di droga – ha sottolineato -, quindi c’è una competizione aperta per il controllo del mercato della droga. Oltre questo ciò che fa gola al clan sono gli appalti pubblici”. Nelle intercettazioni si legge ‘Ora ci prendiamo il porto’, che magari è un proposito solo millantato, ma non c’è dubbio che il porto rappresenta comunque un interesse economico forte“, conclude Del Giaccio.