Arrestato Cerroni re dei rifiuti nel Lazio, per il Noe si era creato un sodalizio Criminale

Le accuse sono di associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti. In manette oltre al patron di Malagrotta altre sei persone tra cui alcuni Dirigenti della Regione. C’è anche l’ex presidente della Regione Lazio Bruno Landi. Sequestrati beni per 18 milioni di euro. Il più grande centro d’Europa di raccolta della spazzatura è stata chiusa lo scorso anno fra polemiche e veleni. Tra i 21 indagati anche Piero Marrazzo. Condizionavano anche le tariffe per lo smaltimento dei comuni di Anzio e Nettuno

Ecco tutti i dettagli dell’operazione dei Carabinieri del Noe che ha portato all’arresto del patron di Malagrotta Manlio Cerroni, dei due dirigenti regionali De Filippis e Fegatelli e di altre quattro persone. Tutti e sette ora sono ai domiciliari. In data odierna, militari del Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente, coordinati dalla Procura della Repubblica di Roma, hanno dato esecuzione all’ordinanza emessa dal G.I.P. Massimo BATTISTINI nell’ambito del P.P. 7449/2008 R.G.N.R., procedimento in cui convergono diversi filoni di indagine sviluppati dai militari dei N.O.E. e dalla Sezione Operativa Centrale dal 2008 sino ad oggi, ed a cui ha collaborato anche la Procura della Repubblica di Velletri. In particolare, sono state eseguite 7 ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari, per i reati di associazione per delinquere (416 c.p.), traffico di rifiuti (260 D. lgs. 152/2006), frode in pubbliche forniture (356 c.p.), truffa in danno di enti pubblici (640 c.p.), falsità ideologica commessa da pubblici ufficiali in atti pubblici (479 c.p.) nei confronti di: CERRONI Manlio, noto imprenditore del settore dei rifiuti, RANDO Francesco, ingegnere, amministratore unico di molte imprese riconducibili a CERRONI e storico collaboratore dello stesso, GIOVI Piero, socio di molte imprese riconducibili a CERRONI e storico collaboratore dello stesso, LANDI Bruno, organizzatore dell’associazione e stretto collaboratore di CERRONI nonché “cerniera” fra il gruppo CERRONI e le strutture politico-amministrative della Regione Lazio, SICIGNANO Giuseppe, preposto all’impianto TMB e supervisore delle attività operative condotte del Gruppo CERRONI ad Albano Laziale presso la PONTINA AMBIENTE, FEGATELLI Luca, già Capo Dipartimento della Regione Lazio, e DE FILIPPIS Raniero, già responsabile del Dipartimento del Territorio della Regione Lazio. Nella stessa operazione di Polizia sono state eseguite 22 perquisizioni locali presso i domicili e gli uffici dei soggetti indagati nonché presso le sedi delle diverse imprese del gruppo CERRONI, nonché numerose perquisizioni personali e locali a carico di altri indagati. Inoltre, gli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Roma, che sviluppa i profili patrimoniali degli indagati, stanno procedendo al sequestro, per equivalente, della somma complessiva di euro 18.890.923,33 in danno delle società E.GIOVI srl (gestore della discarica di Malagrotta) e Pontina Ambiente srl (gestore della discarica di Albano Laziale), provento dei reati di traffico di rifiuti. L’ordinanza coercitiva ricostruisce in dettaglio, qualificandoli come “i fatti di inaudita gravità anche per le dirette implicazioni sulla politica di gestione dei rifiuti e per le ricadute negative sulla collettività” l’esistenza, a far data almeno dal 2008, di una stabile struttura organizzativa “informale” sovrapposta a quella formale delle società relative al gruppo imprenditoriale guidato da Manlio CERRONI (dagli stessi sodali chiamato con l’appellativo di “Supremo”) avente un indeterminato programma criminoso e un assetto variabile secondo le attività svolte, le vicende della vita o i cambiamenti all’interno dell’apparato politico-amministrativo. Accanto alla presenza di un nocciolo duro costituito dalla stesse persone vi è la presenza di altri soggetti che si associano con riferimento a vicende specifiche. Subito sotto il Cerroni, nella piramide organizzativa, si trovava il LANDI quale organizzatore, in grado di condizionare l’attività dei vari enti pubblici coinvolti nella gestione del ciclo dei rifiuti nel Lazio (a partire dalla Regione sino all’ARPA) al fine di consentire al gruppo imprenditoriale riconducibile al suddetto CERRONI di realizzare e mantenere un sostanziale monopolio nella gestione dei rifiuti solidi urbani prodotti dai comuni delle varie aree territoriali ottimali. L’esistenza e il funzionamento di tale sodalizio criminale costituito da soggetti privati (Cerroni, Landi, Rando, Giovi, Sicignano), pubblici funzionari (il deceduto Arcangelo Spagnoli, Luca Fegatelli, Raniero De Filippis) e politici (tra cui il deceduto Mario Di Carlo, Giovanni Hermanin de Reichfield e Giovannetti Romano, quest’ultimo segretario particolare dell’ex assessore Pietro di Paolantonio) è stata nel tempo monitorata e ricostruita grazie all’utilizzo massiccio di intercettazioni telefoniche, all’assunzione di sommarie informazioni testimoniali, a corpose acquisizioni documentali, ad accurate consulenze tecniche. L’indagine si è di fatto dipanata lungo quattro direttrici principali, quattro rivoli scaturenti dall’unica sorgente, costituita dal nocciolo duro dell’organizzazione criminale dianzi descritta:
1) Gestione dell’impianto di raccolta e trattamento rifiuti di Albano Laziale
La tariffa che viene corrisposta al gestore di un impianto di trattamento meccanico biologico dei rifiuti è composta di varie parti, una delle quali è costituita dal costo di termovalorizzazione del CDR, rifiuto speciale derivante dal trattamento della c.d. “frazione secca” dei rifiuti. Per quanto concerne l’impianto gestito in Albano Laziale dalla Pontina Ambiente, società riconducibile al Cerroni, la ricostruzione operata circa la gestione del CDR negli anni oggetto di indagine, ha permesso di accertare che le percentuali di CDR effettivamente avviato a valorizzazione non si avvicinavano agli standard prestazionali di progetto (43%), alle soglie indicate nel piano regionale di gestione dei rifiuti (35%), alla soglia di produttività del 29% sopra indicata o alla soglia minima del 25% indicata nel decreto commissariale n. 15/2005 come “tasso di recupero minimo”. Ed infatti, la percentuale di C.D.R. effettivamente avviata al recupero energetico (presso l’impianto di termovalorizzazione di Colleferro), si attestava attorno al 15%, mentre la restante parte veniva avviata in discarica come scarto di lavorazione. Tale parte, tuttavia, era pagata al gestore come se fosse stata avviata a termovalorizzazione, così realizzandosi un ingiusto profitto per l’impresa, profitto derivante dalla differenza tra l’importo tariffario percepito (per il trattamento dei rifiuti) e quanto effettivamente speso, e stimato in circa 11 milioni di euro dal 2006 al 2012.
In tal modo, inoltre, si provocava anche il prematuro superamento delle volumetrie disponibili in discarica. Anche la struttura amministrativa Regionale (sotto la regia del Fegatelli), che ometteva di procedere alla revisione della tariffa “a consuntivo” in base alle quantità effettivamente avviate alla termovalorizzazione, si rendeva partecipe di tale meccanismo.
2) Il termovalorizzatore di Albano Laziale
Il Commissario Straordinario per l’emergenza Rifiuti della Regione Lazio, e in seguito la stessa Regione per il tramite del suo Presidente, mettevano il Consorzio CO.E.MA. (unione tra PONTINA AMBIENTE, dunque riconducibile a CERRONI, ed ECOMED, composta da AMA e ACEA) nelle condizioni di costruire un impianto di termovalorizzazione su un terreno della PONTINA AMBIENTE, adiacente alla discarica e all’impianto di trattamento meccanico biologico dei rifiuti, nonché di usufruire, nell’ambito della gestione di tale impianto, dei contributi pubblici denominati “CIP 6” (contributi erogati ad aziende produttrici di energia da fonti energetiche rinnovabili o assimilate).
In tale vicenda, che secondo l’ordinanza deve ritenersi emblematica, più di ogni altra, di come la pubblica funzione possa essere sviata per favorire interessi diversi da quelli pubblici, infedeli funzionari pubblici (con sistematica violazione di disposizioni di legge indicate nelle singole ipotesi e dei doveri d’ufficio) e soggetti politici di livello regionale hanno contribuito fattivamente alla realizzazione di un percorso finalizzato ad agevolare gli interessi di alcuni soggetti imprenditoriali ben definiti e, in particolare, di Manlio CERRONI. La finalità perseguita dal CERRONI era quella di creare una contiguità spaziale con il TMB della Pontina Ambiente, di ridurre così le spese di gestione stante la vicinanza delle strutture (con l’ulteriore effetto di poter mantenere una tariffa di accesso all’impianto di TMB contenuta rispetto a eventuali concorrenti) e, soprattutto, di realizzare l’opera attraverso incentivi pubblici ovvero con i contributi CIP6.
Già la “localizzazione” dell’impianto avveniva in presenza di fattori escludenti e con palesi falsi documentali: ed infatti nell’area era già operante un impianto di termovalorizzazione (a Colleferro), non appartenente a CERRONI, tanto che il Piano Gestione Rifiuti regionale del 2002 prevedeva per tale tipo di impianto la collocazione in una diversa area geografica (ovvero nell’area Fiumicino-Ciampino e non nell’area dei Colli Albani).
Inoltre, il progetto aveva incontrato un ostacolo insuperabile nella valutazione di impatto ambientale negativa espressa dalla competente direzione regionale, decisione che sarà ribaltata a seguito di un lungo iter amministrativo frutto di un concerto criminoso (che l’ordinanza definisce costituisce una “colossale montatura”) tra i proponenti (Cerroni e Presutti, che addirittura in alcuni casi dettavano i contenuti degli emanandi atti pubblici, in un caso addirittura protocollato ancor prima di essere redatto nella sua forma definitiva), lo Spagnoli Arcangelo, già responsabile unico del procedimento in seno al commissario delegato, il Fegatelli, il De Filippis, Giovanna Bargagna (dirigente regionale), Mario di Carlo, Giovanni Hermanin de Reichfield, e financo l’allora presidente della Regione, Marrazzo, che firmava un’ordinanza commissariale addirittura dopo la decadenza dell’ufficio emergenziale.
Il funzionario che aveva firmato il provvedimento contrario agli interessi del Cerroni veniva quindi destinato ad altro ufficio.

3) La realizzazione di un invaso per un discarica in località Monti dell’Ortaccio
Il gruppo CERRONI realizzava, in località Monti dell’Ortaccio, l’invaso di una futura discarica (circa 3 milioni di metri cubi), ponendo così in essere una incisiva trasformazione urbanistica, smaltendo poi le rocce e terre da scavo (da qualificarsi come rifiuti) all’interno della discarica di Malagrotta, simulando l’esistenza di titoli autorizzativi di fatto inesistenti. Questa operazione ha generato un profitto per le casse della E. GIOVI (impresa riconducibile al gruppo CERRONI) stimato in non meno di 8 milioni di euro. Inoltre, gli scavi venivano condotti al punto di abbassare la quota di fondo di scavo della cava Monti del Lumacaro (area adiacente a Monti dell’Ortaccio, parimenti oggetto di richiesta di autorizzazione per la discarica) al di sotto dei limiti consentiti, determinando così la illecita deviazione della falda acquifera sotterranea, appartenente al demanio idrico, e la creazione di un laghetto artificiale. Addirittura, nella richiesta di autorizzazione per la realizzazione della discarica, il CO.LA.RI. (consorzio laziale rifiuti, riconducibile al Cerroni), il proponente operava una alterazione delle fotografie allegate alla richiesta, cancellando l’esistenza del laghetto al fine di non far risaltare il danno idrogeologico cagionato.

4) Le tariffe per lo smaltimento dei rifiuti ed alle ordinanze regionali sullo smaltimento dei rifiuti nei Comuni di Anzio e Nettuno
Infatti, CERRONI ed il suo storico collaboratore LANDI, con la complicità di funzionari della Pubblica Amministrazione, ponevano in essere una serie di condotte illecite volte ad impedire alla società RIDA AMBIENTE S.R.L., concorrente di CERRONI, di entrare sul mercato.
In particolare, l’Amministrazione ometteva per lungo tempo di determinare la tariffa definitiva in ingresso dei rifiuti per l’impianto di RIDA AMBIENTE, cosa che impediva alla predetta di contrattare con le amministrazioni pubbliche locali l’eventuale accettazione di R.S.U. nei suoi impianti. In tal modo, veniva intenzionalmente procurato alle società PONTINA AMBIENTE e ECOAMBIENTE un ingiusto profitto patrimoniale consistente nella possibilità di gestire senza concorrenti i rifiuti provenienti dai comuni della zona. Oltre a ciò, la Pubblica Amministrazione rallentava di proposito l’iter di attribuzione della tariffa definitiva della RIDA, nonché l’approvazione di varianti sostanziali in grado di aumentare notevolmente la quantità di rifiuti trattati, procedendo nel contempo ad autorizzare, in violazione alla normativa nazionale e comunitaria, lo smaltimento del c.d. “tal quale” in discarica, al fine di consentire la prosecuzione del conferimento dei rifiuti solidi urbani dell’area pontina a società del gruppo CERRONI (nell’area pontina infatti una delle due discariche esistenti, la Ecoambiente, a Borgo Montello non è in possesso di impianto di trattamento dei rifiuti). La strategia criminale era portata avanti, sotto la regia occulta del Landi e del Cerroni, dal De Filippis con l’ausilio del Giovannetti. Ed è soprattutto in tale vicenda che l’ordinanza ricostruisce il ruolo egemone di Luca FEGATELLI all’interno della Regione Lazio e l’esistenza di un consolidato sistema favorevole alle imprese del CERRONI, al punto da determinare l’allontanamento del funzionario che aveva “osato” determinare la tariffa in favore della RIDA Ambiente, così minando il monopolio del Cerroni (Landi parla, preoccupato, di un “rigagnolo che rischia di diventare un torrente”). (AGENPARL)

L’incenitore di Albano e la Regione. Il pro­getto per l’inceneritore di Albano Laziale,   dal con­sor­zio Coema, un accordo di imprese tra Colari, Ama e Acea. Un’opera duramente con­te­stata dalla cit­ta­di­nanza dei Castelli Romani, che, attra­verso il comi­tato No Inc, ha inviato numerose denunce ai  magi­strati, arric­chendo l’inchiesta. L’allora asses­sore Fili­berto Zaratti — oggi depu­tato di Sinistra Ecologia Libertà — si era oppo­sto con forza alla rea­liz­za­zione dell’impianto, tanto che il suo uffi­cio aveva, nel marzo 2008, negato l’autorizzazione inte­grata ambien­tale. Per i magi­strati in que­sta fase diventa cruciale il ruolo di Mario Di Carlo, che, pro­prio in quel periodo, stava cercando di sosti­tuire Zaratti nella delega sui rifiuti, in quanto ritenuto troppo ecologista. Alla fine  Piero Marrazzo firma il decreto che supera il momen­ta­neo blocco dell’impianto e Cer­roni vince la partita.

Il Dirigente Regionale e i precedenti. Ecco la storia. De Filippis – classe 1954, originario di Fondi (Latina) – commissario liquidatore della XVI comunità montana dei monti Ausoni con sede a Lenola in provincia di Latina, ha decisamente un curriculum degno di nota. Nel maggio del 2005, assunse 25 persone a tempo indeterminato nell’ente che stava per chiudere: il personale nell’arco di dieci giorni sarebbe completamente passato in carico alla Regione Lazio. Secondo la procura regionale che ha indagato sulla vicenda , De Filippis aveva scelto i concorrenti con un bando ‘riservato’ implicando, ‘oltre ad un aggravio economico per le casse della disciolta comunità montana per il periodo di dieci giorni, anche il riversarsi di tale personale, attraverso i successivi trasferimenti, sulla Regione Lazio con rilevanti costi effettivi’. In altre parole De Filippis avrebbe ‘recato alla Regione un danno con efficacia permanente, avendo, con evidenti modalità clientelari – probabilmente legate ad altre responsabilità rimaste nell’ ombra – proceduto all’assunzione di personale evidentemente non necessario per poi ricollocarlo in altro settore della Regione’. Il danno complessivo è stato valutato in quasi cinque milioni di euro, di cui 1,2 imputabili al comportamento di De Filippis, condannato infine ( sentenza 357/2012) al pagamento in favore della Regione di 750 mila euro, oltre a poco meno di 400 euro per le spese di giudizio. Durante l’amministrazione Polverini De Filippis non era alla guida della direzione Ambiente ma a capo della la direzione regionale Politiche sociali e famiglia.

Bruno Landi nato a Capalbio nel 1939 è stato presidente della Regione Lazio negli anni 1983-  1984 esponente di spicco del Partito Socialista ha successivamente aderito al Nuovo PSI. Arrestato ieri , insieme a Manlio Cerroni, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti.

Claudio Pelagallo