Fermiamo le rondini, perchè torni la primavera

di Guglielmo Abbondati*

Dopo quasi due decenni di tetro buio invernale uno stormo di rondini in migrazione dalle rivolte nordafricane, parevano annunciare che la primavera democratica del bel paese era pronta a tornare. Le amministrative prima e i referendum poi hanno rivelato il levarsi di una dolce brezza che molti hanno subito battezzato vento del cambiamento.

Al centro di questa rinascita civile e sociale l’elezione dei Sindaci di alcune delle più importanti città italiane: Milano, Napoli, Cagliari, Torino, Bologna. Scelte compiute usando un metodo partecipativo e democratico, risultato decisivo per riaprire finalmente la partita dell’Italia migliore. Una stagione di nuovo protagonismo sociale e civile, capace di ridare centralità alla buona politica. Poi i referendum. Un’altra formidabile spinta per la riconquista della democrazia dei beni comuni, da strappare con le unghie e con i denti alle brame degli interessi speculativi di chi ha eletto il mercato come sovrano indiscusso del governo globale.

Quelle rondini devono aver spaventato non pochi e subito se né aperta la caccia. A cominciare dalla politica del palazzo, quella politicante e “responsabile”,  che da molto tempo mostra di essere avulsa e distante da tutto ciò che anima la società italiana e fa crescere una nuova coscienza civile. Per non parlare dei padroni della finanza e delle banche, che dopo aver determinato la crisi globale, temono più di tutti che la politica torni nelle mani dei cittadini, protagonista delle scelte e dei destini delle democrazie compiute, affrancandosi dal dominio assoluto del mercato. Le agenzie di rating, dopo aver premiato nel 2008 i titoli tossici che contenevano crediti non esigibili, determinando l’inquinamento dell’intero sistema creditizio mondiale, sono ancora lì a giudicare i debiti sovrani e a dettare le ricette per il risanamento.

Si capisce allora perché la manovra ferragostana del governo è una “roba da serial killer”, come scrive oggi Famiglia Cristiana e non solo perché  “ci si accanisce, ancora una volta, sui lavoratori dipendenti e sugli statali, in una situazione già insostenibile, che fa scivolare il ceto medio nella povertà”.   Ma perché si colpisce in modo scientifico il sistema della autonomie locali e delle assemblee elettive, millantando un’operazione di controllo degli sprechi e dei costi della politica, che a ben vedere si traduce solo in un indebolimento progressivo della democrazia rappresentativa. Proprio quella che dopo la buia stagione del Berlusconismo, aveva dato segni di rinascita nelle amministrative di primavera. Così come si indicano privatizzazioni e liberalizzazioni come unico  sistema per tornare a far crescere l’economia del paese, cancellando di fatto l’espressione della volontà popolare di 28 milioni di italiani, che queste ricette hanno bocciato con fermezza lo scorso 12 e 13 giugno.

Lo sciopero generale proclamato dalla CGIL per il prossimo 6 settembre è soltanto la prima e tempestiva risposta che andava messa in campo, così come la mobilitazione degli studenti già fissata per il 7 ottobre. E’ quanto mai necessario ridare forza e speranza alle tante opposizioni politiche sociali e civili, che in autunno proveranno a ritardare quanto più possibile la partenza delle rondini, perché la primavera del cambiamento italiano possa finalmente compiersi.

 

 

*Coordinatore Regionale Sel Lazio