I libri si comprano per un sacco di motivi: per esporli sul tavolo del salotto e renderli parte integrante di una conversazione che miseramente qualche minuto dopo verterà sulle deliziose tartine al formaggio, per arredare un buco vuoto della camera e renderlo un po’ più colorato, per regalarli a qualcuno sperando che in voi veda quell’intellettuale che non siete mai stato oppure per restare al “passo” con quei tempi troppo veloci di cui tutti facciamo parte. Comprare un libro è un modo per essere presenti, per ricordare un momento, per essere in pace con noi stessi; andare il libreria e chiedere un titolo è come se fosse una buona azione settimanale, o mensile, o semestrale in cui l’animo si rinfranca. Proprio come quando si leggono le vignette della Settimana Enigmistica. Tutti pensano che l’abbiate comprata per risolvere i rebus, invece l’avete fatto solo per far credere agli altri che vi piacciono i rompicapo e che siete delle persone di spessore. Persone di spessore che arredano la loro vita con delle battute pagate 25.000 lire l’una in tempi in cui la crisi non conosceva ancora il suo nome. Devo essere sincero, il libro che vi presento questa settimana l’ho letto perché tutti lo hanno fatto, ed essendomi arrivate una miriade di voci inerenti a questo testo ho fatto in modo che cadesse magicamente sulla mia scrivania, sperando che, nonostante tutte le chiacchiere di cui è stato sommerso, fosse almeno piacevole e contornato di buone azioni. Ahimé, dopo averne letto una buona metà mi sono subito ricreduto: “Sei come sei” di Melania G. Mazzucco è diventato in pochissime settimane il libro che tutti devono leggere e di cui tutti devono parlare. Un libro che, nella sua fortunata sfortuna ha visto le sue vendite salire fino a picchi fino a poco tempo fa impensabili. E per che cosa, per la bellissima trama di cui è possessore? Per una splendida copertina che ipnotizza lo sguardo? No, direi più per polemiche che lo hanno investito. Per quanto scettico ho cercato di convincere il mio piccolo cervelletto a non dare ascolto alla “cornice” mediatica, ma non ho potuto esimermi, come sto facendo, dall’esprimere un mio parere inerente al caso. Cominciamo dal principio: la storia parla di Eva, una ragazzina di undici anni che, assieme a tutta la sua classe sta aspettando che la metropolitana arrivi. Un suo compagno comincia a sfotterla, le prende il diario, lo apre e vede la foto: quella foto alla quale lei è troppo legata. Una foto che le spezza il cuore ma al contempo la spinge a resistere, una foto che, come i suoi ricordi, non vorrebbe sbiadisse mai. Il compagno in questione, un certo Loris Forte, la strappa dalla pagina e comincia a farla roteare in aria. Lei cerca di riprenderla ma lui è troppo alto e il suo intento fallisce miseramente. Il treno sta arrivando e i due cominciano a litigare; senza neanche accorgersene Eva spinge Loris sui binari nel momento esatto in cui il convoglio arriva. Travolgendolo. Presa dal panico la ragazza scappa, si dirige in stazione e prende il primo treno per Roma, città in cui suo padre vive. Eva, però, non è una ragazza “come le altre”, seppur apparentemente tale. Ha due padri, o meglio, li ha avuti fin quando uno di loro non è morto in un incidente stradale e lei è stata affidata a dei parenti di quest’ultimo. Vera sta raggiungendo l’altro suo genitore che, dopo la morte del compagno ha smesso di “vivere” e si è ritirato dalle scene, essendo stato, in passato, un famoso cantante rock. Dopo tre anni la ragazza lo rivedrà. Ma soprattutto lui rivedrà sua figlia. La trama è molto approssimativa e me ne rendo conto, non voglio soffermarmi troppo su di essa, quello che ha reso questo libro così “famoso” è stato il fatto che all’interno della narrazione si affrontano i temi dell’omosessualità e della gravidanza surrogata. Si parla di come Giose e Christian siano arrivati fino in Armenia per conoscere la madre della loro figlia e anche di come dopo la morte del compagno Giose non abbia potuto avere diritti legali su di essa. Si parla di un’Italia che non vuole muoversi al passo con i tempi neanche se gli stessi tempi, come detto prima, incessantemente, incalzano.
La trama non si infittisce mai, non c’è un prologo, non c’è uno svolgimento e non c’è neanche una conclusione. I temi trattati dalla Mazzucco sono molto importanti e degni di essere posti all’attenzione dell’opinione pubblica, ma se al posto di due uomini ci fossero stati due “etero” tutto questo successo, questo libro, non lo avrebbe mai ottenuto. Per quanto non stia spuntando nel piatto in cui mangio, devo dire che, pur essendo un testo ben scritto, coerente e “armonioso“, prende spunto da storie già lette e da fatti già raccontati. I sentimenti della ragazza, dei due padri e della famiglia sono ammirevolmente descritti, a tratti “commoventi” e la Mazzucco li descrive in modo chiaro e diretto, ma per quanto mi riguarda il (solo) soggetto non crea un libro. E non lo farà mai. Per quanto mi senta profondamente legato a questa causa e per quanto sia felice che si parli di questa tematica, questo libro non mi ha convinto affatto. Non vi dico di non leggerlo, all’interno di esso ci sono sicuramente informazioni che potrebbero esservi utili ai fini della vostra cultura personale, ma non compratelo, fatevelo prestare. Probabilmente queste righe urteranno la sensibilità di qualche lettore, bene, rettifico in parte quello che ho scritto: sono personalmente favorevole al fatto che due uomini possano sposarsi ed adottare dei figli, ma qui non stiamo parlando di etica, bensì di letteratura e questo testo non ha sprigionato in me nessun tipo di commozione o sentimento. Le giuste cause devono essere sempre perorate, ma bisogna anche avere il buon gusto e il tatto per saperlo fare.