Lettera. Caro spesa: è tutta colpa della guerra?

Riflessioni di un italiano
Caro spesa: è tutta colpa della guerra?
Le tasche di noi italiani sono ormai da troppo tempo sempre più vuote
perché al rincaro sproporzionato dei prezzi dei generi di prima
necessità non corrisponde un aumento dei salari. Le famiglie aspettandosi maggiori rincari hanno preso di assalto i supermercati facendo scorte e mettendo in difficoltà gli utenti che non lo hanno fatto i quali sono costretti ad acquistare i generi rimanenti che
normalmente sono i più cari.
Ma perché paghiamo così tanto la spesa e le bollette? E’ colpa della
guerra, ti senti rispondere dal vicino a cui poni la domanda il quale ha ascoltato al telegiornale la conferenza stampa di questo o quell’altro politico. Già, perché ormai dipendiamo esclusivamente da un’informazione mediata, se non viziata, che ci fa credere quello che vuole. Ma come stanno realmente le cose?
Tra i generi di prima necessità, che sono codificati, al primo posto ci sono quelli alimentari. Ora se è vero che per il grano tenero, il mais, il girasole e la soia dipendiamo in buona misura dalle
esportazioni russe ed ucraine, e quindi può avere senso un rincaro derivante dalla mancata importazione di questo periodo, che va a toccare anche l’allevamento e quindi il prezzo della carne, dobbiamo però sapere che il prezzo all’origine di questi prodotti è il 10% del prezzo finale: il resto è dato dai costi del trasporto, imballaggi,
carburante e elettricità che comprendono gli oneri fiscali e le
relative accise.

I rincari dei prodotti agricoli e anche quelli del pesce dipendono invece essenzialmente dalla crescita del prezzo del carburante, benzina e gasolio, che non ha nulla a che vedere con la guerra in Ucraina. Il prezzo di questi prodotti è composto da quattro elementi: il costo all’origine del carburante, le accise, l’iva e l’utile per il
distributore. La componente che la fa da padrona sono proprio le accise che incidono su un litro di carburante per 73 centesimi. In poche parole se il costo all’origine fosse pari a 0 noi pagheremo
comunque più di un euro al litro il carburante (somma di accise, iva e
11 centesimi per il distributore).
Le famigerate accise sono tasse istituite per far fronte a disastri
naturali e altre situazioni di emergenza, in modo tale da trovare subito fondi importanti, e che non sono mai state eliminate. In particolare per i carburanti paghiamo le seguenti accise: 1)
finanziamento della crisi di Suez (1956) – 0,00723 euro; 2) ricostruzione post disastro del Vajont (1963) – 0,00516 euro; 3) ricostruzione post alluvione di Firenze (1966) – 0,00516 euro; 4)
ricostruzione post terremoto del Belice (1968) – 0,00516 euro; 5) ricostruzione post terremoto del Friuli (1976) – 0,00511 euro; 6) ricostruzione post terremoto dell’Irpinia (1980) – 0,0387 euro; 7) finanziamento missione ONU in Libano (1982 – 1983) – 0,106 euro; 8)
finanziamento missione ONU in Bosnia (1996) – 0,0114 euro; 9) rinnovo
contratto autoferrotranvieri (2004) – 0,020 euro; 10) acquisto autobus
ecologici (2005) – 0,005 euro; 11) ricostruzione post terremoto de
L’Aquila (2009) – 0,0051 euro; 12) finanziamento alla cultura (2011) –
0,0071; 13) finanziamento crisi migratoria libica (2011) – 0,040 euro;
14) ricostruzione per alluvione che ha colpito Toscana e Liguria (2011) – 0,0089 euro; 15) finanziamento decreto “Salva Italia” (2011) – 0,082 euro; 16) finanziamento per ricostruzione post terremoto dell’Emilia (2012) – 0,024 euro; 7) finanziamento del “Bonus gestori” (2014) – 0,005 euro; 18) finanziamento del “Decreto fare” (2014) –0,0024.
Nell’ultima conferenza stampa il Presidente del Consiglio Draghi ha
annunciato un taglio sulle accise dei carburanti pari a 25 centesimi
al litro per un mese. Ci sembrerà una bella notizia ma in realtà è solo un minor esborso di tasse non dovute.
Tasse che nel 2021 hanno prodotto un gettito di quasi 24 miliardi di
euro per l’erario.
Quindi, se è vero che la guerra in Ucraina ha prodotto un aumento dei
prezzi di energia elettrica e gas – e qui ci sarebbe da aprire una discussione del perché dipendiamo in così larga misura da Russa e Ucraina – per quanto riguarda gli altri aumenti non possiamo fidarci delle fac-news che li imputano alla guerra: le motivazioni sono da
ricercare altrove e soprattutto in casa nostra. L’Antitrust è preoccupata da un rischio di speculazione; i conti sembrano troppo salati rispetto alla gravità della situazione. Lo Stato dovrebbe cominciare a prendere sul serio le difficoltà economiche di decine e decine di milioni di famiglie italiane eliminando, per sempre, almeno
le accise.
Michele Russo