“Il dolore ha molti modi di esistere, molti modi diversi, ma non è un fatto, non è incontrovertibile: ciò che fa male a me non fa male a te, ciò che fa male a te potrebbe procurare piacere a me”.
Andrea Tarabbia torna con un libro attuale, “Il continente bianco”, edito da Bollati Borighieri, che ti lascia incollato alle pagine, è una sorta di continuo del libro di Parise “L’odore del sangue”, opera lasciata incompiuta, e lo rimodella.
Il protagonista è il male, quello che si prova a fare del male e magari trarne anche piacere, nonostante a parlare sia un gruppo di neo fascisti chiamati appunto “Il continente bianco”.
Tarabbia scopre di questo movimento durante una seduta dal dottor P. suo psicanalista, mentre cerca di indagare i suoi moti interiori e un legame stretto con la figura di un serpente(simbolo di cambiamento ma anche di efferatezza), scopre che la moglie del dottor P, Silvia, ha un amante, un giovane ventenne bellissimo.
Incuriosito da questo ragazzo, ne parla con Dottor P, il quale gli rivela, andando contro il codice deontologico, che lui e sua moglie vivono un matrimonio libero, e che questo Marcello è una persona da cui stare alla larga.
Iniziano così le indagini, la scoperta, la presa di coscienza e conoscenza di un sentimento tanto brutale, tanto potente e tanto mistificatore come il male.
Il continente bianco picchia, brucia cose e persone, violenta, costringe, è brutale, spietato, arrabbiato. Un moto comune, doloroso e alienante, la rabbia, che ti permette di essere altro e ti fa vedere il mondo secondo schemi ribaltati, tanto da trovare piacevole bellezza nell’ ammazzare di botte qualcuno.
Il coraggio di Trebbia sta nell’aver raccontato qualcosa di molto moderno, senza trarne conclusioni, giudizi, lasciandosi scrivere, lasciando al lettore l’opportunità di critica e di sentimenti nuovi.