Camorra, l’operazione delle Squadre Mobili è partita dall’omicidio di Pellino avvenuto a Nettuno nel 2012
In un’operazione delle Squadre Mobili di Roma e Napoli sono stati messi a segno, oggi, 17 arresti. Le indagini sono partite dall’omicidio di Modestino Pellino, esponente di spicco del clan Moccia di Afragola, ucciso a colpi d’arma da fuoco a Nettuno il 24 luglio del 2012. All’epoca dei fatti Pellino era sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno a Nettuno. Per questo sono già stati destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere Raffaele Laurenza, Luigi Belardo e Raffaele Dell’Annunziata. Gli indagati sono ritenuti gravemente indiziati di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di stupefacenti e detenzione illegale di armi, con l’aggravante del metodo mafioso e di aver commesso il fatto col fine di agevolare le finalità delle articolazioni territoriali del clan Moccia. I fermati sono: Antonio Ciccarelli, alias ‘Tonino a Munnezzà, Domenico Ciccarelli, Raffaele Laurenza, alias ‘o Topò, Roberto Dell’Annunziata, Giuseppe Esposito, Federico Maisto Ivo, Luciano Gallo, Salvatore Improta, alias ‘Visitors’, Enrico Bertorelli, Mariano Alberto Vasapollo, Pasquale Fucito, alias ‘Marzianò, Angelo Ferraiuolo, alias ‘Cipollà, Antonio Cosenza, alias ‘Amorè e Angelo Angelino. Tre persone sono sfuggite al provvedimento restrittivo e sono al momento ricercate. Le indagini hanno permesso di documentare come Pellino, poco prima di essere ucciso, fosse impegnato nella riorganizzazione dei sottogruppi criminali appartenenti al clan Moccia, ai fini di una più ordinata ripartizione tra gli stessi dei settori illeciti e delle zone territoriali di influenza, necessità che era emersa a seguito della constatata elusione, da parte di alcuni «capozona», dell’obbligo di versare alla «cassa comune» una quota dei proventi delle attività illecite. Tra le aree criminali sulle quali Pellino intendeva riaffermare il suo controllo vi era, appunto, quella di Caivano, comprensiva della fiorente piazza degli stupefacenti nota come Parco Verde, già a quell’epoca gestita dal gruppo facente capo a Antonio Ciccarelli, che vedeva proprio in Pellino un ostacolo alla sua espansione criminale. L’omicidio di Pellino, quindi, è maturato all’interno dello stesso clan Moccia per contrastare l’egemonia acquisita dalla vittima sui territori controllati dal predetto clan, sfruttando l’assenza di altre figure di rilievo, alcune detenute (come Antonio Cennamo e Filippo Iazzetta) altre, all’epoca, latitanti (come Angelino Giuseppe Peppe o Lupo, attualmente detenuto).