Expo, Viminale: “Volevano sangue, scelto male minore”. Evitati contatti e feriti. Falliti gli ‘obiettivì dei black bloc
È andata bene. Certo, le auto in fiamme, le vetrine spaccate, le strade in mano al blocco nero per un’ora intera sono immagini che non fanno bene all’Italia. Ma visto chi c’era ieri in piazza a Milano e visti soprattutto gli obiettivi e la quantità di ‘armì e molotov dei violenti, che nessuno si sia fatto male davvero è quasi un successo. Al Viminale si tirano le somme di una giornata difficile, con le critiche politiche messe ampiamente in conto, e si guarda avanti: ieri, ribadiscono infatti gli analisti, è stato solo l’inizio e i prossimi mesi, dal punto di vista della sicurezza, saranno complessi tanto quanto il 1 maggio. L’Expo andrà avanti fino a ottobre; a Torino è iniziata l’ostensione della Sindone e a dicembre si aprirà il Giubileo. Tutti appuntamenti ad alto rischio e sui quali pesa anche la minaccia jihadista. La giornata di ieri va dunque archiviata in fretta con un bilancio che, ripetono 007, antiterrorismo e responsabili dell’ordine pubblico, è positivo sotto almeno tre punti di vista: nessuno, tra cittadini e
manifestanti si è fatto male; non c’è stato alcun serio contatto tra forze di polizia e neri; i violenti non sono riusciti a raggiungere i loro veri obiettivi. Quest’ultimo punto è il più importante: i black bloc avevano nel mirino tre siti: la Borsa, la sede dell’Ue e quella del Sole 24 ore. L’alternativa, qualora non fosse andata in porto la strategia come poi è accaduto, erano l’Expo gate e il Duomo. Le operazioni preventive della Digos e la gestione dell’ordine pubblico hanno fatto sì che nessuno di questi punti venisse raggiunto. Per arrivare a questo si è deciso di ‘contenerè i violenti, che non erano certo pochi: tra gli 800 e i mille, la maggior parte italiani. C’erano tra i 200 e i 300 milanesi, anarchici che orbitano attorno ad una decina di realtà; 200-300 provenienti da Torino, Roma, Firenze, Rovereto, Padova; duecento circa dall’estero, francesi e greci soprattutto. Soggetti che, tra l’altro, non potevano essere fermati alle frontiere in quanto comunitari. Personaggi «molto pericolosi», preparati e organizzati, che degli scontri hanno fatto una professione e che prima di Milano si sono visti a Francoforte, quando è stato dato l’assalto alla nuova sede della Bce. Proprio quell’appuntamento è la cartina tornasole della giornata di ieri: a Francoforte, dicono 007 e antiterrorismo, l’obiettivo del blocco – ingaggiare una battaglia con le forze dell’ordine e colpire alcune sedi, seppur periferiche della Bce – è stato raggiunto. Ieri si sono dovuti ‘accontentarè di bruciare auto e spaccare vetrine nelle strade in cui sono stati confinati. Un fallimento dovuto a due scelte fatte dai responsabili dell’ordine pubblico, d’intesa con l’intelligence: il cambio del percorso del corteo, comunicato solo 36 ore prima della manifestazione nonostante fosse stato deciso diversi giorni prima – cosa che non ha permesso ai neri di riorganizzarsi – e la scelta di non seguire i violenti per le vie cittadine, per mantenere il presidio delle strade che avrebbero consentito di accedere agli ‘obiettivì. Una strategia che nasce anche da un input preciso: evitare che si ripeta un’altra Genova. Da qui nasce la scuola dell’ordine pubblico di Nettuno della Polizia, che punta a cambiare
radicalmente il modo di stare in piazza; da qui nasce la decisione di utilizzare gli idranti e di evitare il più possibile il contatto, schierando a protezione delle strade non i contingenti ma reti metalliche e mezzi corazzati: «sacrifichiamo i mezzi ma non gli uomini». Il risultato è stato che il ‘bloccò si è sfogato laddove gli è stato consentito, contro obiettivi improvvisati. Ma senza poter scatenare quella guerriglia che aveva in mente. L’idea dei responsabili dell’ordine pubblico era di isolare il blocco nero dalla testa e dalla coda del corteo e solo allora intervenire. Con la coda il risultato è riuscito, con la testa no poichè i black bloc, dicono al Viminale, quando hanno capito quale era la mossa «si sono vigliaccamente spogliati e si sono mischiati con i manifestanti, impedendoci di identificarli e di caricare. A quel punto ci siamo dovuti fermare». «L’Expo non si poteva macchiare di sangue, nè dei manifestanti nè delle forze dell’ordine – ha confermato il capo della Polizia Alessandro Pansa – È evidente che chi tira le molotov deve essere arrestato ma ieri abbiamo valutato che non valeva la pena intervenire ed arrestare perchè avremmo creato danni più gravi». Dunque lasciare che alcune violenze venissero compiute «è una scelta fatta a monte». Se si fosse intervenuti per fermare quelli che bruciano le auto «saremmo caduti nella loro trappola: i piccoli gruppi che agivano in vie laterali si sarebbero rifugiati nel corteo e noi saremmo finiti addosso al corteo senza riuscire più a individuarli. Così avremmo consentito loro di raggiungere gli obiettivi che volevano». «Tutto è perfettibile – ribadiscono dall’ufficio dell’ordine pubblico del Viminale – quello di ieri non è un ottimo risultato ma è quello che ci ha garantito che non vi fosse un’inizio di Expo con il sangue. È stato il risultato migliore che potevamo portare a casa, impedendo ai violenti di andare dove volevano. Abbiamo scelto il male minore». (ANSA)