Il Consiglio di Stato respinge il ricorso presentato dal Governo contro le sentenze del Tar: “Indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie non servono a remunerare, ma a a compensare inabilità”: quindi non possono essere conteggiate come reddito.
di Claudio Pelagallo
Sul nuovo Isee, il Consiglio di Stato ha dato ragione ai disabili e alle loro famiglie, respingendo nuovamente l’appello presentato dal Governo. Il ricorso contro il nuovo Isee è ufficialmente vinto: e l’appello presentato al Consiglio di Stato dal governo è stato respinto. “Deve il Collegio condividere l’affermazione degli appellanti incidentali – si legge nella sentenza- quando dicono che ‘ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dai disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito – come se fosse un lavoro o un patrimonio – ed i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni, non un sostegno al disabile, ma una ‘remunerazione’ del suo stato di invalidità oltremodo irragionevole, oltre che in contrasto con l’art. 3 della Costituzione”. Il Consiglio di Stato conferma quindi – quanto già sentenziato dal Tar del Lazio-, il quale aveva respinto “una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale”: in sintesi, le provvidenze economiche previste per la disabilità non possono e non devono essere conteggiate come reddito. E argomenta così il Consiglio di Stato, in merito alla questione di indennità e reddito: “Non è allora chi non veda che l’indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché, né certo all’accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un’oggettiva ed ontologica (cioè indipendente da ogni eventuale o ulteriore prestazione assistenziale attiva) situazione d’inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale. Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest’ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano infatti una ‘migliore’ situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa”. La scorsa primavera l’esecutivo si era appellato ai giudici amministrativi in seguito alle sentenze del Tar del Lazio, che avevano accolto i ricorsi delle associazioni dei portatori di handicap contro il nuovo sistema di calcolo che somma le pensioni di invalidità al reddito; il governo e, in particolare, la presidenza del Consiglio e i ministeri del Lavoro e dell’Economia, non si sono adeguati ai rilievi del tribunale amministrativo e, anziché modificare il decreto, hanno deciso di presentare ricorso al Consiglio di Stato. Un accanimento senza precedenti contro i disabili e le loro famiglie che oltre subire il disagio che comporta un handicap grave nella vita di tutti i giorni, devono fare i conti con governi che pur di far quadrare i conti non esitano chiudere gli occhi davanti a delle vere e proprie ingiustizie. Ma ora il Consiglio di Stato stabilisce definitivamente che l’indennità per disabilità non procura alcun reddito.