Chiara Di Fede, criminologa clinica, ci parla del gioco d’azzardo patologico spiegando disturbi, numeri e danni legati a un fenomeno sempre più preoccupante
La ludopatia (nota anche come dipendenza da gioco o gioco d’azzardo patologico, spesso indicato come GAP) è un disturbo del comportamento che l’Associazione Psichiatrica Americana (APA, American Psychiatric Association) ha inserito fra i cosiddetti disturbi del controllo degli impulsi, disturbi che mostrano una notevole affinità con quelli ossessivo-compulsivi e con le dipendenze.
Il termine ludopatia, in realtà, è improprio, ma è decisamente più usuale nel linguaggio comune tant’è anche il Ministero della Salute lo utilizza nel proprio portale.
Si tratta di una condizione di notevole gravità che può arrivare a compromettere in modo molto serio la qualità della vita di una persona e quella dei suoi familiari (non sono rari i casi di tracolli finanziari, divorzio, perdita del posto di lavoro, dipendenza da sostanze stupefacenti ecc. legati alla ludopatia).
Anche a livello legislativo la materia è stata presa in considerazione, infatti il DDL 158 del 13 settembre 2012 (articolo 5) ha inserito la ludopatia nei Lea (Livelli essenziali di assistenza, ovvero l’insieme delle attività, dei servizi e delle prestazioni che il SSN eroga a tutti i cittadini gratuitamente o con il pagamento di un ticket, indipendentemente dal reddito e dal luogo di residenza) in riferimento alle prestazioni di prevenzione, trattamento e riabilitazione destinati a coloro che sono affetti da ludopatia.
Ludopatia: qualche numero
Parlare di cifre precise, relativamente alla ludopatia, è pressoché impossibile, ma ovviamente, vista la crescente importanza del fenomeno, sono stati compiuti diversi studi.
Fonti del Ministero della salute parlano di circa 800.000 “giocatori problematici” (circa l’1,65% della popolazione); c’è un po’ di confusione riguardo a questa definizione, nel senso che alcune fonti considerano il giocatore problematico un soggetto a forte rischio (ma non ancora “dipendente dal gioco d’azzardo”), mentre altre considerano tale il giocatore affetto da ludopatia.
Il dato dell’1,65% comunque sembra essere in linea con quello medio europeo (vi sono comunque notevoli differenze fra i vari Paesi visto che in Svizzera il problema sembra riguardare soltanto lo 0,02% della popolazione, mentre in Irlanda si parla di circa il 2,2%); negli USA, in base a diverse stime, la ludopatia interessa il 2-4% della popolazione.
Comunque sia, il problema sta lentamente peggiorando (6 anni fa il problema riguardava l’1,27% della popolazione, quindi circa 600.000 persone). Per certo, la perdurante crisi economica non è stata d’aiuto.
Secondo le ricerche effettuate, sono i soggetti di sesso maschile quelli maggiormente a “rischio ludopatia” (65% degli uomini contro il 35% delle donne). Negli uomini il problema inizia generalmente negli anni adolescenziali, mentre nelle donne comincia più tardi (tra i 20 e i 40 anni circa).
Secondo uno studio del Codacons, circa la metà delle persone disoccupate presenta una forma più o meno severa di ludopatia. Circa un terzo dei soggetti ludopatici è costituito da giocatori di videolottery. Sempre secondo il Codacons risultano affetti da ludopatia circa il 25% delle casalinghe e il 17% dei pensionati.
Come riconoscere il soggetto affetto da ludopatia
In base a quanto riportato nella quarta versione del famoso Manuale Statistico-Diagnostico (DSM-IV) il soggetto affetto da ludopatia mostra un persistente e ricorrente comportamento di gioco d’azzardo disadattivo, in cui il bisogno di giocare è incontrollabile; affinché si possa parlare di ludopatia devono però essere inoltre presenti almeno 5 delle situazioni elencate di seguito. Il soggetto:
1. è eccessivamente assorbito dal gioco d’azzardo (rivive di continuo esperienze trascorse di gioco, valuta o pianifica future imprese di gioco ed escogita i modi per ottenere il denaro che gli occorre per giocare).
2. Avverte la necessità di puntare somme di denaro sempre maggiori per raggiungere lo stato di eccitazione desiderato.
3. Ha più volte tentato, senza successo, di ridurre, controllare o interrompere il gioco d’azzardo.
4. Mostra irrequietezza o irritabilità quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo.
5. Gioca d’azzardo per sfuggire a propri problemi oppure per ridurre il senso di colpa o di impotenza, l’ansia o la depressione.
6. Dopo aver perso denaro, spesso torna un altro giorno per giocare di nuovo con l’intento di rifarsi delle perdite subite.
7. Mente ai propri familiari, al terapeuta o ad altre persone al fine di nascondere l’entità del proprio coinvolgimento nel gioco d’azzardo.
8. Arriva a commettere azioni illegali come falsificazione, frode, furto o appropriazione indebita allo scopo di finanziare le proprie giocate.
9. Mette a repentaglio (oppure ha perso) una relazione significativa, il lavoro oppure altri tipi di opportunità (studio o carriera) a causa del gioco d’azzardo.
10. Fa affidamento sulle altre persone per ottenere le cifre di denaro necessarie a sanare o perlomeno ridurre una situazione economica disperata causata dal gioco.
Alcuni autori hanno suddiviso i sintomi del gioco d’azzardo patologico in tre categorie:
• sintomi psichici
• sintomi fisici
• sintomi sociali.
Rientrano nella prima categoria, oltre ovviamente all’ossessione per il gioco, il senso di onnipotenza, la presunzione, l’ansia, l’irritabilità, il nervosismo, le alterazioni dell’umore e della propria autostima, la persecutorietà (ovvero la tendenza a ritenersi perseguitati da qualcuno o da qualcosa in modo irragionevole se non addirittura delirante), il senso di colpa, la tendenza a essere superstiziosi, l’impulsività, la tendenza a minimizzare o a enfatizzare le situazioni (in modo distorto).
Rientrano fra i sintomi fisici i disturbi alimentari, la cefalea, le problematiche relative all’utilizzo di droghe o sostanze alcoliche (spesso il giocatore d’azzardo psicologico è anche dipendente da alcol o droghe), l’insonnia, i tremori, le palpitazioni, l’intensa sudorazione ecc.
Vengono invece annoverati fra i sintomi sociali i danni di tipo economico, morale e sociale nonché le problematiche familiari, le difficoltà nella gestione delle proprie risorse economiche, i problemi lavorativi e l’isolamento sociale determinato dal proprio comportamento.