L’iniziativa organizzata dalle associazioni Aprilia Libera e La Città degli Alberi
Le conclusioni dello studio hanno avuto la corretta diffusione che meritavano tra gli operatori sanitari e la popolazione residente? L’eccesso di morbilità per alcuni tipi di neoplasie ha prodotto
conseguente richiesta all’Azienda Sanitaria di Latina di una diversa e più puntuale organizzazione dei servizi sanitari territoriali ad Aprilia con funzione di studio e diagnosi precoce? La rilevazione di eccessi di neoplasie ha indotto l’Asl a richiedere all’Arpa (agenzia regionale per la protezione ambientale) di effettuare una mappatura e caratterizzazione dell’inquinamento nei siti a maggior rischio ambientale di Aprilia?
Questi sono alcuni degli interrogativi che, insieme a tanti altri, sono emersi venerdì 8 luglio presso la sede del Comitato di Quartiere Primo di Aprilia, nel corso dell’assemblea molto partecipata, con
interessanti domande e contraddittori, dal titolo Siti inquinati, industrie insalubri e studi epidemiologici: valutazione delle esperienze e nuove prospettive organizzata su iniziativa delle associazioni Aprilia Libera e La Città degli Alberi.
Dopo una ricostruzione della genesi dello studio condotto dal Comune di Aprilia in collaborazione con Asl Latina, Dipartimento epidemiologico Regione Lazio, Istituto Superiore Sanità dal titolo
Stato di salute nel Comune di Aprilia, e di un report sulle mancate bonifiche delle discariche negli ultimi 40 anni (entrambe a cura di Carmen Porcelli e Rosalba Rizzuto) cittadini ed esperti si sono
confrontati sul tema della salute, allargando lo spettro alla qualità della vita e dell’ambiente circostante.
Secondo il dott. Angelo Mangullo – medico di base in pensione, che ha seguito da vicino la vertenza dei cittadini di Borgo Montello contro la discarica e la centrale nucleare – la questione dei
riscontri sulla salute umana a seguito dell’esposizione ad impianti industriali è stata riaccesa con la pubblicazione di quello studio nel febbraio 2018, costato 50 mila euro (20mila a carico del Comune
di Aprilia, 30mila dell’Asl). «Purtroppo però quella indagine – ha affermato il dottor Mangullo – non è stata disegnata per mettere in correlazione la condizione ambientale con la moribillità/mortalità:
ciò nonostante lo stato di salute dei residenti nelle 5 macro aree si differenzia in modo suggestivo in funzione delle attività produttive insistenti sul territorio. Nell’analisi è emerso che nella
popolazione residente nel Comune di Aprilia un eccesso di mortalità rispetto alla regione Lazio per tumore alla vescica e al polmone tra gli uomini; mentre tra le donne risulta più alta rispetto alla
media regionale mortalità per eventi coronarici e malattie dell’apparato digerente. L’analisi di incidenza dei tumori nel Comune di Aprilia conferma tra gli uomini un eccesso di casi di tumori del
polmone, mentre tra le donne un eccesso di tumori alla tiroide».
Le indagini epidemiologiche hanno costi elevatissimi, ma spesso a non volerle sono proprio le istituzioni, le quali temono le conseguenze derivanti dalla diffusione di dati negativi, soprattutto se condotte in aree di interesse turistico.
E’ la testimonianza resa da Enrico Santambrogio della Rete ambientale della Versilia, in collegamento nel corso dell’assemblea; la Rete Ambientale è un coordinamento di comitati di cittadini che si è costituita nel 2012 ed è stata protagonista di numerose battaglie, dall’inceneritore di Falascaia a Pietrasanta al piano dei rifiuti di Ato Costa. Da oltre un decennio la Rete Ambientale sta lottando perché vengano portati a conoscenza della popolazione i risultati di una
indagine epidemiologica condotta nell’area del termovalorizzatore di Falascaia e sulla contaminazione da PCDD, PCDF e sostanze diossina simili nel territorio versiliese, con
particolare riferimento all’area di pertinenza del termovalorizzatore di Falascaia a Pietrasanta”.
«La Versilia è colpita da un’incidenza tumorale molto elevata, diciamo una delle più elevate della Toscana. Abbiamo, inoltre, anche un’alta incidenza delle problematiche cardiovascolari, maternità
premature e sottopeso. Questi sono degli indicatori importanti che ci confermano l’esistenza di problemi sul territorio – ha sottolineato Enrico Santambrogio – eppure non abbiamo mai ottenuto i
risultati ufficiali dell’indagine.
Gianni Battistuzzi, Presidente de La Città degli Alberi, ha illustrato le emissioni degli stabilimenti detti IPPC (come gli impianti di gestione rifiuti e della industria chimica). « Voglio sottolineare
l’importanza di alcuni obblighi che i gestori di Impianti e/o stabilimenti che svolgono alcune attività sono obbligati a fare per ottenere la possibilità di operare. Per ottenere quindi la A.I.A
(autorizzazione Integrata Ambientale) deve essere rispettata la strategia dell’Unione Europea dell’ IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) tendente, con una serie di atti e attività, alla prevenzione e riduzione dell’inquinamento ambientale da parte di attività industriali e agricole che
hanno un elevato potenziale di inquinamento. Le BAT impongono che si debba tenere un Registro dove sono annotate le emissioni in aria, in acqua e nel suolo qualora i processi industriali superino certi valori limite di soglia. Si deve prendere in considerazione l’impatto ambientale nella sua interezza, comprendendo le emissioni in aria, acqua e suolo, la produzione di rifiuti, l’utilizzo di
risorse, l’efficienza energetica, il rumore, le radiazioni, le vibrazioni, la prevenzione degli incidenti e ripristino del sito dopo la chiusura, con lo scopo di conseguire un’ elevata protezione dell’ambiente
nel suo complesso. Infine si stabilisce inoltre che al momento della richiesta (o rinnovo) di autorizzazione AIA deve essere stabilito lo stato di qualità del suolo e delle acque sotterranee e la
presenza di sostanze pericolose pertinenti all’attività, allo scopo di poter effettuare un confronto al momento della cessazione dell’attività».
Alcuni dati: ad es. l’Ex Avir ha emesso nel 2013 ossidi di azoto per 343 tonnellate quando il limite di soglia IPPC è di 100 tonnellate; inoltre ha emesso ossidi di zolfo per 199 tonnellate quando il
limite è di 150 t.; nel 2010 ha emesso ossidi di azoto per 547 t.; nel 1997 emesse 712 tonnellate.
L’Abbott addirittura nel 2007 ha emesso in acqua ben 27 kg di Fenoli (credo il limite sia zero o poco più – non l’ho trovato); nel 2012 ha emesso in aria composti organici volatili non metanici (COVNM) per 201 tonnellate quando il limite è di 100 t.; Sorgenia (la turbogas) nel 2013 ha
emesso Anidride carbonica (CO2) per 452000 tonnellate con il limite di 100000 t.
« In conclusione – ha detto Battistuzzi – considerando che le dichiarazioni IPPC sono caratterizzate con dei valori di limite “medi” (deduzione mia in quanto limiti validi in quasi tutti gli stati europei)
siamo in partenza già messi male per quanto riguarda la qualità dell’aria e dell’acqua del nostro territorio e quindi dovrebbe essere almeno un dovere dei rappresentanti le istituzioni portarli a
conoscenza in occasione delle Conferenze di Servizio per la valutazione del rilascio di nuove autorizzazioni per certe attività che comportano emissione di almeno uno dei 91 inquinanti
considerati. Dico almeno, perché per dirla tutta con questi dati ci si dovrebbe già opporre a prescindere e pensare uno sviluppo economico del territorio più salubre per i cittadini».
Infine Marco Cacciatore, Consigliere regionale di Europa Verde e Presidente della Commissione Rifiuti Urbanistica e Politiche abitative della Regione Lazio, che ha illustrato i contenuti della legge num. 13 del 19 luglio 2019 – Regione Lazio per l’individuazione delle
aree ad elevato rischio ambientale.
conseguente richiesta all’Azienda Sanitaria di Latina di una diversa e più puntuale organizzazione dei servizi sanitari territoriali ad Aprilia con funzione di studio e diagnosi precoce? La rilevazione di eccessi di neoplasie ha indotto l’Asl a richiedere all’Arpa (agenzia regionale per la protezione ambientale) di effettuare una mappatura e caratterizzazione dell’inquinamento nei siti a maggior rischio ambientale di Aprilia?
Questi sono alcuni degli interrogativi che, insieme a tanti altri, sono emersi venerdì 8 luglio presso la sede del Comitato di Quartiere Primo di Aprilia, nel corso dell’assemblea molto partecipata, con
interessanti domande e contraddittori, dal titolo Siti inquinati, industrie insalubri e studi epidemiologici: valutazione delle esperienze e nuove prospettive organizzata su iniziativa delle associazioni Aprilia Libera e La Città degli Alberi.
Dopo una ricostruzione della genesi dello studio condotto dal Comune di Aprilia in collaborazione con Asl Latina, Dipartimento epidemiologico Regione Lazio, Istituto Superiore Sanità dal titolo
Stato di salute nel Comune di Aprilia, e di un report sulle mancate bonifiche delle discariche negli ultimi 40 anni (entrambe a cura di Carmen Porcelli e Rosalba Rizzuto) cittadini ed esperti si sono
confrontati sul tema della salute, allargando lo spettro alla qualità della vita e dell’ambiente circostante.
Secondo il dott. Angelo Mangullo – medico di base in pensione, che ha seguito da vicino la vertenza dei cittadini di Borgo Montello contro la discarica e la centrale nucleare – la questione dei
riscontri sulla salute umana a seguito dell’esposizione ad impianti industriali è stata riaccesa con la pubblicazione di quello studio nel febbraio 2018, costato 50 mila euro (20mila a carico del Comune
di Aprilia, 30mila dell’Asl). «Purtroppo però quella indagine – ha affermato il dottor Mangullo – non è stata disegnata per mettere in correlazione la condizione ambientale con la moribillità/mortalità:
ciò nonostante lo stato di salute dei residenti nelle 5 macro aree si differenzia in modo suggestivo in funzione delle attività produttive insistenti sul territorio. Nell’analisi è emerso che nella
popolazione residente nel Comune di Aprilia un eccesso di mortalità rispetto alla regione Lazio per tumore alla vescica e al polmone tra gli uomini; mentre tra le donne risulta più alta rispetto alla
media regionale mortalità per eventi coronarici e malattie dell’apparato digerente. L’analisi di incidenza dei tumori nel Comune di Aprilia conferma tra gli uomini un eccesso di casi di tumori del
polmone, mentre tra le donne un eccesso di tumori alla tiroide».
Le indagini epidemiologiche hanno costi elevatissimi, ma spesso a non volerle sono proprio le istituzioni, le quali temono le conseguenze derivanti dalla diffusione di dati negativi, soprattutto se condotte in aree di interesse turistico.
E’ la testimonianza resa da Enrico Santambrogio della Rete ambientale della Versilia, in collegamento nel corso dell’assemblea; la Rete Ambientale è un coordinamento di comitati di cittadini che si è costituita nel 2012 ed è stata protagonista di numerose battaglie, dall’inceneritore di Falascaia a Pietrasanta al piano dei rifiuti di Ato Costa. Da oltre un decennio la Rete Ambientale sta lottando perché vengano portati a conoscenza della popolazione i risultati di una
indagine epidemiologica condotta nell’area del termovalorizzatore di Falascaia e sulla contaminazione da PCDD, PCDF e sostanze diossina simili nel territorio versiliese, con
particolare riferimento all’area di pertinenza del termovalorizzatore di Falascaia a Pietrasanta”.
«La Versilia è colpita da un’incidenza tumorale molto elevata, diciamo una delle più elevate della Toscana. Abbiamo, inoltre, anche un’alta incidenza delle problematiche cardiovascolari, maternità
premature e sottopeso. Questi sono degli indicatori importanti che ci confermano l’esistenza di problemi sul territorio – ha sottolineato Enrico Santambrogio – eppure non abbiamo mai ottenuto i
risultati ufficiali dell’indagine.
Gianni Battistuzzi, Presidente de La Città degli Alberi, ha illustrato le emissioni degli stabilimenti detti IPPC (come gli impianti di gestione rifiuti e della industria chimica). « Voglio sottolineare
l’importanza di alcuni obblighi che i gestori di Impianti e/o stabilimenti che svolgono alcune attività sono obbligati a fare per ottenere la possibilità di operare. Per ottenere quindi la A.I.A
(autorizzazione Integrata Ambientale) deve essere rispettata la strategia dell’Unione Europea dell’ IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) tendente, con una serie di atti e attività, alla prevenzione e riduzione dell’inquinamento ambientale da parte di attività industriali e agricole che
hanno un elevato potenziale di inquinamento. Le BAT impongono che si debba tenere un Registro dove sono annotate le emissioni in aria, in acqua e nel suolo qualora i processi industriali superino certi valori limite di soglia. Si deve prendere in considerazione l’impatto ambientale nella sua interezza, comprendendo le emissioni in aria, acqua e suolo, la produzione di rifiuti, l’utilizzo di
risorse, l’efficienza energetica, il rumore, le radiazioni, le vibrazioni, la prevenzione degli incidenti e ripristino del sito dopo la chiusura, con lo scopo di conseguire un’ elevata protezione dell’ambiente
nel suo complesso. Infine si stabilisce inoltre che al momento della richiesta (o rinnovo) di autorizzazione AIA deve essere stabilito lo stato di qualità del suolo e delle acque sotterranee e la
presenza di sostanze pericolose pertinenti all’attività, allo scopo di poter effettuare un confronto al momento della cessazione dell’attività».
Alcuni dati: ad es. l’Ex Avir ha emesso nel 2013 ossidi di azoto per 343 tonnellate quando il limite di soglia IPPC è di 100 tonnellate; inoltre ha emesso ossidi di zolfo per 199 tonnellate quando il
limite è di 150 t.; nel 2010 ha emesso ossidi di azoto per 547 t.; nel 1997 emesse 712 tonnellate.
L’Abbott addirittura nel 2007 ha emesso in acqua ben 27 kg di Fenoli (credo il limite sia zero o poco più – non l’ho trovato); nel 2012 ha emesso in aria composti organici volatili non metanici (COVNM) per 201 tonnellate quando il limite è di 100 t.; Sorgenia (la turbogas) nel 2013 ha
emesso Anidride carbonica (CO2) per 452000 tonnellate con il limite di 100000 t.
« In conclusione – ha detto Battistuzzi – considerando che le dichiarazioni IPPC sono caratterizzate con dei valori di limite “medi” (deduzione mia in quanto limiti validi in quasi tutti gli stati europei)
siamo in partenza già messi male per quanto riguarda la qualità dell’aria e dell’acqua del nostro territorio e quindi dovrebbe essere almeno un dovere dei rappresentanti le istituzioni portarli a
conoscenza in occasione delle Conferenze di Servizio per la valutazione del rilascio di nuove autorizzazioni per certe attività che comportano emissione di almeno uno dei 91 inquinanti
considerati. Dico almeno, perché per dirla tutta con questi dati ci si dovrebbe già opporre a prescindere e pensare uno sviluppo economico del territorio più salubre per i cittadini».
Infine Marco Cacciatore, Consigliere regionale di Europa Verde e Presidente della Commissione Rifiuti Urbanistica e Politiche abitative della Regione Lazio, che ha illustrato i contenuti della legge num. 13 del 19 luglio 2019 – Regione Lazio per l’individuazione delle
aree ad elevato rischio ambientale.
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