Una vasta operazione congiunta tra Carabinieri e Polizia Penitenziaria ha portato alla luce un grave sistema di corruzione e illeciti all’interno del carcere di Rebibbia. L’inchiesta, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, ha portato all’esecuzione di 32 misure cautelari, tra arresti e sospensioni dal servizio.
Al centro dell’indagine, un sistema corrotto che, sfruttando la complicità di alcuni operatori del Servizio per le Dipendenze, riusciva a far ottenere a detenuti misure alternative alla detenzione attraverso false certificazioni mediche. Queste attestazioni, accertavano falsi stati di tossicodipendenza o precarie condizioni psicologiche, che consentivano ai detenuti di ottenere benefici ingiusti e di evitare la detenzione.
Un ruolo chiave è stato individuato in uno psicologo del Servizio per le Dipendenze della Asl Roma 2, che è stato posto agli arresti domiciliari. L’uomo, in cambio di denaro o altri vantaggi, redigeva le false certificazioni che venivano poi utilizzate per ottenere i permessi.
C’era anche Alessio Lori, trovato morto, a fine novembre, in una stanza di un B&B del quartiere Africano, a Roma e vicino ai collaboratori di Fabrizio Piscitelli, conosciuto come Diabolik, ucciso nel 2019, tra le persone coinvolte nell’inchiesta.