Nella sentenza n.26114 dell’11 dicembre 2014, la Corte di Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento irrogato ad un dipendente che si era rifiutato di svolgere la prestazione per le carenze igienico-sanitarie presenti sul luogo di lavoro.
Il caso di specie è scaturito dal licenziamento intimato ad un operatore ecologico in ragione della “sua gravissima insubordinazione consistente nel presentarsi in cantiere, marcare la presenza e rimanere inoperoso per tutto il turno di servizio, malgrado precise disposizioni operative dal parte dei suoi superiori gerarchici”.
Chiamato a decidere sull’impugnazione del recesso promossa dal dipendente, il Tribunale di Napoli, dopo l’assunzione dei testi ammessi e all’esito di note autorizzate, aveva ritenuto legittimo il licenziamento.
Tuttavia, la Corte di Appello aveva successivamente riformato la pronuncia del Tribunale, dichiarando l’illegittimità del licenziamento in questione, con le conseguenti statuizioni di carattere reintegratorio e risarcitorio.
In particolare, la Corte del merito aveva motivato la propria decisione sulla base del rilievo avanzato dal lavoratore circa la mancata adozione da parte dell’azienda delle garanzie per la sicurezza igienico-sanitaria, tenendo conto anche della posizione di sindacalista ricoperta dallo stesso ricorrente, che aveva sollevato dette carenze igieniche del cantiere.
La Corte territoriale, inoltre, aveva accertato che l’azienda fosse pienamente consapevole delle anzidette condizioni del luogo di lavoro, tanto da promettere interventi risolutori.
Nel valutare i comportamenti delle parti, il giudice dell’appello aveva ritenuto che l’atteggiamento del lavoratore inserito nella raccolta dei rifiuti, oltre che giustificato, era stato improntato a correttezza e totale buona fede, sicché la reazione dell’azienda risultava sproporziona, non avendo avviato procedimenti disciplinari di tono minore o di tipo conservativo.
Avverso questa sentenza, l’azienda aveva proposto ricorso per Cassazione, contestando la Corte del merito per aver trascurato di valutare in tutta la sua portata l’inadempimento totale e disarmante, posto provocatoriamente e reiteratamente dal lavoratore e non improntato certo a buona fede e tale, comunque, da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto.
Investita della questione, la Cassazione ha ritenuto infondata la censura predetta, osservando come la Corte di Appello avesse valutato i contrapposti comportamenti delle parti in causa dopo un attento e ponderato esame delle risultanze testimoniali, giungendo alla conclusione che le denunciate carenze igienico-sanitarie, poste a base della protesta del dipendente, avessero assunto una gravità particolare in relazione alla precipua natura e consistenza della prestazione che lo stesso dipendente era tenuto a compiere, che lo ponevano in contatto con sostanze potenzialmente nocive e pericolose e per le quali, dunque, risultava particolarmente necessaria la pulizia personale dopo l’espletamento del turno di servizio.
Per tale ragione, la Suprema Corte ha concluso disponendo il rigetto del ricorso, con conseguente condanna dell’azienda al pagamento delle spese processuali, liquidate in 4.000,00 € per compensi, 100,00 € per esborsi, oltre accessori di legge.
Dott. Valerio Pollastrini
Consulente del Lavoro
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