di Menuccia Nardi
Forse in pochi lo sanno, ma ieri è stato il compleanno dell’avo dell’avo dell’avo dei nostri modernissimi veicoli a motore. Già, perché nel lontano 29 gennaio del 1886 l’ingegnere tedesco Karl Benz brevettava il primo veicolo dotato di motore a scoppio: oggi la chiamiamo automobile (anche se naturalmente si trattava di una versione lontana dalle nostre moderne autovetture, sia in termini di prestazioni, sia in termini di estetica).
Perché ne parlo? Perché leggendo la notizia mi sono chiesta oziosamente se il suo inventore a quell’epoca fosse minimamente consapevole di quale enorme cambiamento culturale, di costume, ma anche e soprattutto di abitudini stava introducendo nella vita dei suoi contemporanei e delle generazioni che sarebbero venute in seguito. Spesso diamo per scontato molto di ciò che ormai utilizziamo abitualmente e io stessa per lungo tempo non ho apprezzato in pieno l’utilità dell’auto, anche perché sono da sempre sostenitrice e utilizzatrice dei mezzi pubblici (che per alcuni tipi di spostamento e soprattutto nel tempo libero continuo a prendere) e ho scoperto solo da adulta – e da mamma, se vogliamo dirla tutta – l’enorme aiuto che un mezzo con chiave, volante e quattro ruote può darti nella quotidianità.
Ma immaginate cosa vorrebbe dire per una donna con una routine giornaliera nella media fare la spesa, passare in banca e prendere il bambino a scuola utilizzando esclusivamente i mezzi pubblici? Al di là del fatto che ritengo piuttosto improbabile che i propri orari e le eventuali file coincidano con gli orari dell’autobus, ma ammesso e non concesso che ciò possa accadere, rido (e piango) se immagino me stessa, in una giornata di pioggia magari, che con la busta della spesa e una cassa d’acqua fermo a gesti (della testa o dei piedi, visto che le mani le avrei già impegnate) un pullman, per poi scendere e passare al bancomat, che – fortunata come sono! – in quel momento è fuori servizio e allora decido di prelevare da quello interno alla filiale, dove naturalmente non mi farebbero mai entrare perché le scatolette di metallo del tonno continuerebbero a far suonare la simpatica vocina che mi invita a “mettere gli oggetti metallici nelle apposite cassettiere”( e io lì a sbracciarmi per spiegare che nelle cassettiere la mia borsa con le buste della spesa non potrebbero mai entrare!). E poi, così zuppa in affanno e già stanca, corri a scuola prendere il pargolo? Olé… Ecco allora che scopri che un motore abbinato a quattro ruote è davvero un’idea geniale, che ti dà la libertà (libertà mentale prima di tutto) di poter organizzare il tuo tempo e la tua vita.
Certo qualcuno potrà obiettare che l’invenzione in oggetto, se da un lato si è rivelata di grande utilità, non ha prodotto effetti benefici sulla qualità dell’aria che respiriamo, già ampiamente compromessa da ben noti problemi di inquinamento. Voglio essere fiduciosa, però (ormai attingo alle mie scorte di fiducia per qualunque cosa ultimamente), e dare tempo al tempo e sperare che tra un centinaio d’anni, nel ricordare l’invenzione del 29 gennaio, qualcuno scriva di come siano stati definitivamente superati i problemi di inquinamento di cui si parlava nel secolo precedente, perché tutti utilizzeranno ormai solo vetture con alimentazioni eco-compatibili. Peccato che non ci sarò più per scriverlo, non penso di poter vivere così a lungo: va bene essere fiduciosi ma esiste un limite a tutto! Magari sarà un privilegio di qualcuno dei nostri nipoti, chissà… Alla prossima!
dal blog https://inostriocchisulmondo.wordpress.com/