State facendo la fila in un qualche museo? State aspettando che i vostri amici vi chiamino per organizzare la serata? State cercando di capire quale significato possa avere l’ultimo messaggio di qualche aspirante spasimante? Mollate tutto e cercate di evadere con il libro che ho da proporvi: si tratta di una biografia nascosta sotto le mentite spoglie di un romanzo e racconta (inizialmente) la storia di un ragazzo poco più che ventenne, che, rimasto solo dopo la morte del compagno, decide di cominciare un nuovo inizio nell’unico posto dove la speranza di lenire il dolore è ancora viva. Un luogo pieno di cultura e di emozioni, una città dove camminare per strada ti libera l’anima, una capitale dove il cuore in pezzi ha la possibilità di guarire, una metropoli “che è stata il fulcro di una monarchia imbelle, di una repubblica litigiosa, di due dittature e infine diventata il centro politico dell’Europa: Berlino, con le sue voci, la sua essenza, il suo gelo invernale e i suoi locali. No, no, non ho dimenticato di dire il titolo, mi ero solo lasciato trasportare dall’introduzione; sto parlando dell’ultima fatica letteraria di Mario Fortunato “Le voci di Berlino“. Come dicevo, all’inizio del libro troviamo il nostro ragazzo dal cuore spezzato che, subito dopo aver letto il libro “Un uomo solo” di Christopher Isherwood prende la decisione di partire. E lo scrive così: “Uno dei motivi principali per voler vivere a Berlino era che un giorno un anziano parente mi aveva messo in guardia su questa città, dicendo che era il posto più volgare mai esistito dai tempi di Sodoma. Una città straordinariamente viziosa, anche se civile e rispettabile, dove persino la vita notturna ha una simpatica, domestica giovialità e dove i film sono i migliori d’Europa”. A distanza di oltre mezzo secolo in nostro caro ragazzo decide di ripercorrere le orme del suo Punto di Riferimento Letterario. Anche in questo caso la sintesi della sua scrittura è d’obbligo: “Nel giro di qualche settimana dilapidai i miei risparmi e comprai un biglietto aereo. Atterrai una sera d’ottobre, ragionevolmente sicuro di essere sbarcato su Plutone“. E così ha fatto. Con tutti gli annessi e connessi della situazione. La storia però, poi, prende una doppia strada, da un lato seguiamo le vicende del nostro protagonista con i suoi giri, i suoi incontri e le difficoltà a “gestire” le parti divise della città; dall’altra entriamo in un mondo parallelo formato da tutti gli intellettuali che a inizio secolo campeggiavano in Città spinti dallo stesso ardente desiderio di conoscere, di viziarsi, di ingigantirsi culturalmente e magari di produrre qualcosa che valeva la pena essere pubblicato.
Spazio dunque a tutta la carrellata di personaggi: rigorosamente non in ordine alfabetico troviamo (tra i tanti) i due figli di Thomas Mann, Erika e Klaus; Bazil Frey, cugino di Isherwood che, proprio con queste parole, lo convinse a trasferirsi: “Berlino è la sentina di tutti i vizi, ma è anche una città all’avanguardia, tra la pittura della Nuova Oggettività, la Bauhaus, il teatro politico di Piscator e Brecht, la musica di Kurt Weill e i film di Fritz Lang“; e ancora, si parlerà della storia d’amore tra lui e lo scrittore Auden, ricostruita da Fortunato grazie all’aiuto di materiali inediti che risalgono al periodo a ridosso del tracollo nazista. Una relazione dura e carnale magistralmente diretta (e descritta): “Senza dubbio, per entrambi, la connotazione sociale possedeva un riflesso erotico, il famoso sex appeal proletario, ma mentre in Chris l’attrazione fisica diventava discorso amoroso, narrazione di sé e dell’altro, in Wystan rimaneva un’oltranza estetica che si connotava perfino dal punto di vista politico. Il Giovane Delinquente era fuori dall’ordine borghese, rompeva le regole e gli schemi. Era un diverso, una creatura speciale: in questo, simile all’artista”. Insomma, poche righe per farvi capire che in questo libro c’è molto da leggere e da ricollegare. La penna di uno storico unita a quello di un romanziere che insieme cercano di “riannodare il filo della memoria e dell’identità“; le storie che precedono e che seguono la caduta del muro e gli amori contrastati e contrastanti di quelli che l’hanno vissuta completeranno il tutto facendo arrivare il lettore alla fine di questo libro che timidamente sfida le convenzioni moderne e ci fa finalmente sperare in un vero e giusto cambio di direzione. “Il risveglio comincia con due parole, sono e ora. “Poi ciò che si è svegliato resta disteso un momento a fissare il soffitto, e se stesso, fino a riconoscere Io, e a dedurne Io sono ora. Qui viene dopo, ed è, almeno in negativo, rassicurante; poiché stamattina è qui che ci si aspettava di essere; come dire, a casa”.
Le voci di Berlino
Mario Fortunato
Bompiani
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